Note sull’altruismo efficace

This is an Italian translation of Notes on Effective Altruism

(Versione audio in inglese disponibile su Notes on Effective Altruism)

Note lunghe e approssimative sull’altruismo efficace (AE), scritte per aiutarmi per andare a fondo su diverse questioni: cosa mi piace dell’AE e che cosa ritengo importante riguardo a ciò? Perché trovo la sua mentalità così estranea? Perché non sono un altruista efficace? Note scritte anche per iniziare a chiedermi che aspetto hanno le alternative all’AE. Queste note non sono indirizzate agli altruisti efficaci, anche se forse potrebbero interessare a persone vicine all’AE. Commenti e correzioni ben pensati e informati sono i benvenuti (soprattutto le correzioni dettagliate e specifiche!) - vedere l’area commenti al fondo.

“Usare l’evidenza e la ragione per capire come fare del bene agli altri il più possibile e intraprendere azioni a partire da queste basi”: questa è l’idea a fondamento dell’ideologia e del movimento dell’altruismo efficace (AE)[1] Negli ultimi due decenni è passata dall’essere una idea dibattuta da una manciata di filosofi morali a diventare il nucleo centrale della filosofia di vita di migliaia o decine di migliaia di individui, inclusi alcuni tra i più ricchi e potenti. Queste sono le mie note approssimative e operative sull’AE. Le note sono lunghe e scritte in fretta: pensiero disorganizzato e approssimativo, non un saggio.

Ho scritto queste note per alcune ragioni. Una è puramente sociale: i miei amici hanno opinioni forti sull’AE (alcune pro, alcune contro, altre più neutrali). Un’altra è la sensazione che l’AE sia importante come movimento e (forse) come insieme di idee: il fatto che così tanti adolescenti e ventenni svegli e idealisti rispondano così fortemente all’AE è significativo; molti riferiscono radicali cambiamenti nelle loro vite: svolte di carriera, modifiche dei comportamenti quotidiani e impegnarsi a donare una grande porzione dei propri guadagni a organizzazioni che descrivono come “efficaci”. Gli altruisti efficaci[2] condividono inoltre un linguaggio poco comune e modi di vedere il mondo, in gran parte influenzato dall’economia del welfare e dalla filosofia morale.

C’è la tentazione di ridurre tutto questo a una semplice “moda” o a una conseguenza del (meteorico) incremento dei finanziamenti a favore dell’AE. Ma non ci credo. Molti altruisti efficaci sono straordinariamente sinceri e hanno trovato profonda convinzione e significato nell’AE. Sta facendo qualcosa di molto importante per loro, qualcosa che va ben oltre una moda di nicchia.

Quando ho sentito parlare dell’AE per la prima volta, la mia prima reazione, istintiva e poco ponderata, è stata abbastanza negativa. Spesso un po’ scherzavo sull’essere un altruista inefficace o un altruista caotico. Mi definivo un “mutilitarista”, usando il “mu” del buddhismo zen come mia funzione d’utilità (cioè la negazione dell’idea). Eppure, dopo un’analisi più approfondita questi si rivelano rifiuti di poco conto.

Nel 2011 un mio amico AE si è messo sotto i ferri per donare un rene a un estraneo. Mi ha spiegato che:

“Ho visto delle statistiche su quanto sia sicuro donare e ciò ha cambiato del tutto la mia prospettiva. Ho pensato che, con un rischio di morte durante per l’operazione di 13000, sarebbe stato come sacrificarsi per salvare 3000 persone. Voglio essere il tipo di persona che fa cose del genere, e occorre semplicemente seguire questi pochi passaggi”.

Ho amici AE che donano una porzione importante dei propri guadagni in beneficenza. In alcuni casi è ogni guadagno al di sopra di una certa soglia, bassa seguendo i criteri del mondo più ricco e sviluppato, diciamo 30.000 dollari [circa €28.000 in data 20/​02/​2023, dato da valutare tenendo conto delle differenze tra il costo della vita negli Stati Uniti e la media europea, N.d.T.]. A volte sembra plausibile che le loro donazioni individuali abbiano permesso di salvare dozzine di vite, di aiutare a sollevare dalla povertà molte persone e di prevenire diverse malattie debilitanti, spesso in alcuni dei luoghi più poveri e disagiati del mondo. Questa è un’affermazione semplice, ma straordinaria, quindi la ripeterò: hanno direttamente contribuito a salvare molte vite.

Provo una stupita ammirazione per tutto questo e mi sento un po’ imbarazzato per le mie battute sull’altruismo inefficace, nonché grato per i miei amici altruisti efficaci che mi hanno sopportato. Ho provato a vivere una vita che faccia incontrare le mie capacità personali e i miei interessi con ciò che è bene per il mondo. Spero di aver fatto davvero del bene, godendomi nel frattempo la vita. Ma non ho mai direttamente salvato una vita, per quanto ne so. Non credo che io possa donare un rene: violerebbe troppo il mio senso di integrità corporea. A livello personale, amo la sincerità e la genuina bontà dei miei amici altruisti efficaci o vicini al movimento. Semplicemente mi sento più moralmente integro dopo aver passato il mio tempo con loro: spesso sono più onesto e a volte più gentile o di mentalità aperta. Queste sono cose davvero buone.

Ciò che segue, quindi, è una serie di osservazioni sull’AE. In parte è un apprezzamento: criticare l’AE implica anche comprendere una parte di ciò che è buono di esso. C’è anche molto che le altre ideologie possono imparare dall’AE. Tuttavia scaverà a fondo e proverò a capire che cosa mi infastidisce del movimento, che cosa penso sia sbagliato e come penso si possa cambiare in modo fruttuoso.

Qualcosa manca tra queste note: un resoconto personale e diretto del bene che l’AE fa. Ho un’impressione riflessa di ciò attraverso i miei amici, ma vorrei saperne di più. È impossibile apprezzare sinceramente l’AE senza tale conoscenza. Le zanzariere antimalariche, il trasferimento diretto di denaro, la sverminazione e simili non sono astrazioni: sono, infatti, un importantissimo evento nel mondo reale che fa la differenza nella vita di tante persone. Ciò non si trova in queste note per via della mia ignoranza. Si tenga a mente questo fatto mentre si legge; io ho cercato di farlo mentre scrivevo.

Attenzione: farò molte generalizzazioni su “ciò che gli altruisti efficaci fanno” Ma l’AE non è monolitico. Ciò rende difficile scrivere senza fare riferimento a molte specificazioni. Potrei farlo dicendo “molti altruisti efficaci credono che” o citando i principali altruisti efficaci, e così via. Ho preferito perlopiù optare per un linguaggio più generale, dando per implicito che ci sono spesso altruisti efficaci che sono in disaccordo con altri altruisti efficaci su questioni particolari. In ogni caso, ho provato a rendere chiari i casi in cui c’è un disaccordo diffuso all’interno della comunità dell’AE su una particolare questione.

Ho iniziato queste note con una descrizione dell’AE molto utilizzata, presa dal filosofo William MacAskill, uno dei fondatori dell’AE: “Usare l’evidenza e la ragione per capire come fare del bene agli altri il più possibile e intraprendere azioni a partire da queste basi”. Nei fatti, di solito l’ho sentita abbreviata in questo modo: “usare l’evidenza e la ragione per fare il maggior bene possibile”. Farò ricorso in seguito a quest’ultima versione per riassumere ciò di cui tratta l’AE, ma tenendo a mente la descrizione più lunga. Una precisazione su entrambe: sono tutt’e due intrinsecamente massimizzanti, “fare del bene agli altri il più possibile”, “fare il maggior bene possibile”. In pratica, molti altruisti efficaci sostengono di fare un passo indietro rispetto a questa mentalità della massimizzazione. Come risultato, ha senso pensare a diverse “intensità” dell’AE, sulla base di quanto si accetti (o non si accetti) questo approccio massimizzante. Torneremo su questo, perché è un problema significativo non risolto dalla comunità di AE. E quando utilizzo il quadro generale de “il maggiore bene”, lo faccio con l’implicita riserva per cui molti altruisti efficaci fanno un passo indietro rispetto a questo “il maggiore”, nei fatti.

AE come fonte di invenzione morale[3]

Ho citato poco sopra il mio amico che ha donato un rene nel 2011. Il filosofo morale Peter Singer, uno degli ideatori di molti dei concetti dell’AE, ha descritto il suo stupore[4]nell’apprendere (nel 2004) la storia di Zell Kravinsky, un facoltoso investitore immobiliare che aveva donato il suo patrimonio di circa 45 milioni di dollari, vivendo con circa $60.000 l’anno. Ma c’è qualcosa di ancor più degno di nota. Di primo acchito sembrerà molto simile alla storia sulla donazione del rene del mio amico. Ma c’è una importante differenza:

Pensava ancora di non aver fatto abbastanza per aiutare gli altri, così prese accordi con un ospedale della zona per donare un rene a uno sconosciuto… Citando studi scientifici che mostravano come il rischio di morire a seguito della donazione di un rene sarebbe stato di 1 su 4.000, afferma che non fare la donazione avrebbe significato valutare la sua vita 4.000 volte quella di un estraneo, una valutazione che trovava del tutto ingiustificata.

Per quanto sia stata straordinaria la generosità del mio amico, c’è qualcosa in più in ballo qui. L’atto di Kravinsky è un atto di immaginazione morale. Lo è il solo prendere in considerazione di donare un rene e poi, per convinzione morale, farlo. Questo è un incredibile atto di invenzione morale: qualcuno (presumibilmente Kravinsky) è stato il primo a immaginare una cosa del genere e, quindi, ad metterla in atto. Questa invenzione morale ha in seguito ispirato altri a fare la stessa cosa. Ha realmente aumentato l’estensione dell’esperienza morale umana, dalla quale gli altri possono apprendere e che possono, dunque, emulare. In questo senso le persone come Kravinsky possono essere considerate dei pionieri in ambito morale o degli psiconauti morali[5], in grado di ideare nuove forme dell’esperienza morale.

Ovviamente questi pionieri morali non provengono solamente dall’AE. Tutt’altro! Sono alla base della nostra civiltà. Molti dei miei eroi personali sono pionieri morali, incluso l’autore del “Sermone della Montagna”[6], il movimento abolizionista, le suffragette e il movimento femminista, Marthin Luther King e gli altri leader del movimento per i diritti civili. Tutti costoro (e molti altri) si sono impegnati in atti di immaginazione morale che hanno aumentato l’estensione dell’esperienza morale disponibile per l’emulazione al resto di noi. Magari non siamo sempre d’accordo con loro: non so se mi trovo d’accordo con la visione di Peter Singer sui diritti degli animali, per esempio. Singer potrebbe avere torto su questo. Ma ciò è tuttavia di valore in quanto atto di invenzione morale in grado di aumentare la nostra estensione potenziale dell’esperienza morale.

Una delle cose interessanti sull’AE è che ha incoraggiato molti pionieri morali: persone disponibili a ripensare questioni morali fondamentali e (a volte) ad aumentare l’estensione della nostra esperienza morale. Domande che hanno posto con serietà (in alcuni casi agendo sulla base delle risposte): “e se le vite degli animali avessero davvero importanza?”; “e se una vita dall’altra parte del mondo avesse tanta importanza quando quella di un bambino che affoga di fronte ai miei occhi?”; “e se la ‘vita’ di una macchina intelligente avesse la stessa importanza di quella di un essere umano?”; “come dovremmo valutare la vita di un essere umano che vivrà tra un milione di anni?”. Prendendo sul serio queste domande possono espandere il nostro orizzonte morale.

C’è un lato oscuro della medaglia nell’essere pionieri morali, in modo memorabile indicato dalla filosofa politica Hannah Arendt ne La banalità del male: Eichmann a Gerusalemme, il suo resoconto del processo al crimine di guerra nazista Adolf Eichmann. Secondo Arendt i nazisti erano (in un certo senso) a loro volta pionieri morali, inventando nuovi tipi di crimine che hanno aumentato la probabile estensione dei futuri crimini:

Nulla è più nocivo alla comprensione di questi nuovi delitti, e nulla ostacola di più l’instaurazione di un codice penale internazionale, quanto la comune illusione che il crimine dell’omicidio e il crimine del genocidio siano in sostanza la stessa cosa, e che perciò il secondo non sia propriamente una novità. Il secondo viola un ordine del tutto diverso e lede una comunità del tutto diversa.[…] È nella natura delle cose che ogni azione umana che abbia fatto una volta la sua comparsa nella storia del mondo possa ripetersi anche quando ormai appartiene a un lontano passato. Nessuna pena ha mai avuto il potere d’impedire che si commettano crimini. Al contrario, quale che sia la pena, quando un reato è stato commesso una volta, la sua ripetizione è più probabile di quanto non fosse la sua prima apparizione.

Il ragionamento morale, se preso sul serio e agendo di conseguenza, è della massima importanza, in parte perché esiste il pericolo di compiere terribili errori. L’esempio del nazismo è esageratamente drammatico: in primo luogo, trovo difficile credere che gli ideatori delle idee naziste non avessero realizzato che quelli erano atti profondamente malvagi. Un esempio più comune, uno che dovrebbe mettere in pausa ogni ideologia, sono le persone eccessivamente sicure della propria giustizia, che agiscono come se “sapessero” cosa sia una buona causa, ma che in realtà stanno facendo danni. Sono cautamente entusiasta sul pionierismo morale dell’AE, ma è un potenziale campo minato, una cosa sulla quale occorre essere anche cauti.

AE judo: una forte critica a ogni strategia particolare per fare il “bene maggiore” migliora l’AE e non lo discredita

Una delle strategie di “attacco” più comune contro l’AE consiste nel non essere d’accordo con molte delle nozioni più comuni dello stesso AE su che cosa voglia dire fare il bene maggiore. “Sei un altruista efficace?” “Oh, quella è gente che pensa che tu debba donare denaro per le reti da letto antimalariche (o per la sicurezza delle IA, o per la sverminazione, ecc…), ma questo è sbagliato perché…”. Oppure “Will MacAskill sostiene che gli altruisti efficaci dovrebbero prendere in considerazione il guadagnare-per-donare, ma questo è sbagliato perché…”. Oppure “La scienza e la giustizia sociale e la creatività e ecc… sono molto più difficili da misurare rispetto a cose come i QALY, quindi gli altruisti efficaci tendono a dare loro scarso valore o a ignorarle”. Oppure “Gli altruisti efficaci sono abbastanza creduloni[7] sul valore degli studi controllati randomizzati e le meta-analisi, quando si dovrebbe piuttosto…”. Oppure “Guarda, puoi direttamente accrescere i QALY quanto ti pare, non ti sposterà da una economia che cresce lentamente a una che cresce velocemente. Queste due sono a un diverso livello di astrazione causale”.

Queste affermazioni possono essere vere o meno. Ciò nonostante, nessuna di esse costituisce una critica fondamentale dell’AE. Piuttosto, sono esempi del modo di pensare dell’AE: stai in realtà prendendo parte al progetto dell’AE quando fai commenti del genere. Gli altruisti efficaci discutono con veemenza e continuamente che cosa significhi fare il maggior bene. Ciò che li unisce è l’essere d’accordo sul fatto che dovrebbero “usare l’evidenza e la ragione per capire come fare il maggior bene”; se sei in disaccordo con le nozioni predominanti dell’AE su cosa sia il bene maggiore e hai dell’evidenza da condividere, stai dando acqua al mulino che porta al miglioramento nell’AE della comprensione di cosa sia bene.

In ogni caso, questo tipo di “critica” rappresenta almeno la metà (probabilmente di più) delle critiche esterne all’AE in cui sono incappato. La maggior parte dei critici esterni che pensano di criticare l’AE criticano un miraggio. A questo proposito, l’AE presenta un’immensa area superficiale che può solamente venire rafforzata dalla critica, non indebolita. Penso a questo schema come se fosse il judo dell’AE e puoi notarlo spesso nelle discussioni con i critici dell’AE. Un esempio piacevole e istruttivo è l’altruista efficace Rob Wiblin che intervista Russ Roberts, che si dice in disaccordo con l’AE. Ma durante (gran parte) dell’intervista Roberts tacitamente accetta i concetti fondamentali dell’AE, ponendosi in disaccordo con particolari istanze. E Wiblin pratica il judo dell’AE, ancora e ancora, trasformando l’intervista in un tipico dibattito da AE su come fare il bene maggiore. È molto interessante ed entrambi i partecipanti ponderano molto bene le loro affermazioni, ma non è per davvero un dibattito sui meriti dell’AE.

Questo è, per me, uno degli aspetti più attraenti e potenti dell’AE. Lo rende molto diverso dalla maggior parte delle ideologie, che risultano di solito piuttosto statiche. L’AE è, in un certo senso, il tentativo di fare per la domanda “che cosa è bene” ciò che la scienza ha fatto per la domanda “come funziona il mondo?”. Invece di fornire una risposta, sta sviluppando una comunità che mira a migliorare continuamente questa risposta[8].

Per questa ragione vale la pena separare l’AE-in-pratica (un movimento sociale) dall’AE-il-progetto-intellettuale. Se vuoi arrivare alle questioni fondamentali, occorre concentrarsi su quest’ultimo, non solo sul primo. Come dicevo, molte critiche dell’AE-in-pratica sono semplicemente parte del motore centrale per il miglioramento. Questo non significa, comunque, che non sia opportuno impiegare del tempo per criticare l’area superficiale dell’AE-in-pratica. “Dai loro frutti li riconoscerete” funziona per i principi intellettuali, non per le sole persone. Se un insieme di principi genera molti frutti marci, ciò è un segno che qualcosa non va nei principi, una reductio ad absurdum. Avrete probabilmente sentito dei comunisti o degli ultraliberali difendere gli esperimenti falliti del comunismo e del libero mercato dicendo “non era un vero esperimento di comunismo /​ di libero mercato”. A volte hanno delle buone ragioni, ma, se lo schema si ripete, se i principi fondamentali non sono resilienti o necessitano tante precisazioni particolari, vuol dire che quei principi hanno qualcosa di decisamente sbagliato in loro.

Mettiamola in un altro modo: quando il judo dell’AE è utilizzato troppe volte, ha senso cercare problemi più fondamentali. La forma base del judo dell’AE è “Guarda, il disaccordo su ciò che è buono non tocca direttamente l’AE. A dire il vero, tale disaccordo è il motore che porta al miglioramento della nostra concezione di che cosa sia buono”. Questo forse è vero dalla prospettiva di un occhio divino, onnisciente, di un filosofo teoretico. Ma la comunità e le organizzazioni dell’AE sono soggette alle mode, ai giochi di potere, alle mancanze e agli errori come qualsiasi altra comunità e organizzazione. Le buone intenzioni, da sole, non bastano per assicurare decisioni efficaci sull’efficacia[9]. E la ragione per cui molte persone sono infastidite dall’AE non è dovuta al pensare che sia una cattiva idea “fare bene, meglio”. Piuttosto, dubitano della capacità delle istituzioni e della comunità dell’AE di essere all’altezza delle aspettative.

Queste critiche possono arrivare da diverse direzioni. Da persone che si interessano alla politica identitaria ho sentito dire: “Guarda, molte di queste organizzazioni dell’AE sono gestite da potenti maschi bianchi e riproducono le attuali strutture di potere, sono poco obiettive nei confronti del capitalismo democratico e dello status quo e ignorano molte delle questioni che hanno davvero importanza”. Dagli ultraliberisti ho sentito: “Guarda, l’AE è semplicemente un utilitarismo collettivista di sinistra. Centralizza troppo il processo decisionale e ignora sia i “segnali di prezzo” (“price signals”), sia l’immenso potere derivante dall’avere molte persone che lavorano in vista dei loro stessi interessi, seppur in un sistema costruito affinché l’interesse personale (spesso) aiuti tutti collettivamente”.[10][11] Dalla gente delle startup e dagli inventori ho sentito: “Gli altruisti efficaci non lavorano troppo sui beni comuni? Se vuoi fare il bene più grande, perché non lavorare in una startup? Possiamo semplicemente inventare e diffondere nuove tecnologie (o nuove idee) per migliorare il mondo!”. Da persone familiari con le patologie delle comunità o delle organizzazioni che invecchiano, ho sentito: “Guarda, qualsiasi movimento che cresce rapidamente inizia anche a declinare. Verrà dominato da carrieristi ambiziosi e dal problema principale-agente, perderà la sincerità e l’agilità che hanno caratterizzato i pionieri e i primi seguaci[12][13]

Tutte queste critiche hanno un fondo di verità, ma anche problemi significativi. Senza addentrarci troppo, il punto più immediato è che sembrano tutti problemi “meramente” pratici, affrontabili con il judo dell’AE: “Se non riusciamo bene in queste, miglioreremo, abbiamo semplicemente bisogno che si fornisca evidenza e migliori alternative”. Ma i modelli organizzativi sono così potenti che queste critiche mi paiono più di principio. Ribadisco: se il tuo movimento sociale funziona “in teoria”, ma l’attuazione porta con sé troppi problemi, allora non funziona nemmeno in teoria. La qualità “siamo in grado di fare ciò efficacemente in pratica” è un’importante (e implicita) qualità di principio.

“Cattivi” altruisti efficaci, caduti in una trappola dell’infelicità

Torniamo al principio dell’AE: “usare l’evidenza e la ragione per fare il maggior bene possibile”. È un principio davvero attraente sotto diversi aspetti: è estremamente chiaro; aiuta molto a orientarsi e comunica un grande significato, in particolare se inserito all’interno di un contesto sociale o organizzativo che dà consigli convincenti su come fare il bene maggiore. Questi consigli non hanno bisogno di essere perfetti: hanno semplicemente bisogno di essere migliori di ciò che sarebbero nella maggior parte degli altri contesti di comunità.

Parte dell’attrattività del principio consiste nel limitare le scelte. Uno dei grandi risultati della modernità è dare alle persone sempre maggiore e maggiore possibilità di scelta, fino al punto di poter scegliere (apparentemente) qualsiasi cosa[14]. Ma una grande possibilità di scelta può portare alla confusione e rivelarsi onerosa. Gran parte del potere dell’AE (e di molte altre ideologie) consiste nel ridurre grandemente le possibili scelte, affermando che: no, tu hai il dovere[15] di fare il maggior bene che puoi nel mondo. Inoltre, l’AE assicura delle istituzioni e una comunità che aiutano a guidarti nel fare questo bene. Fornisce quindi orientamento, significato e una narrativa sul perché tu stia facendo ciò che stai facendo.

Su Twitter, l’ex altruista efficace Nick Cammarata ha scritto questo commento, che ho visto ripetere a quattr’occhi da altruisti efficaci ed ex altruisti efficaci:

“La mia voce interiore dell’inizio 2016 avrebbe automaticamente convertito tutto il denaro che spendevo (per esempio in cene) in un “contatore delle morti” frazionario delle vite che avrei potuto ragionevolmente salvare se avessi donato quei soldi a una buona organizzazione. La maggior parte degli altruisti efficaci all’epoca avrebbero detto “ah, sì, ha senso”.

O considera questo memorabile scambio su Twitter tra un non-altruista efficace e un altruista efficace:

“La quantità ottimale di beneficenza ottimale non è il 100%”

“Ma i buoni altruisti efficaci prendono questo in considerazione”

“Sì, ma i cattivi altruisti efficaci cadono in una trappola dell’infelicità”

“Sì, ma non è un difetto dell’altruismo efficace, è un difetto di quelle persone.”

O considera questo passaggio dal libro di Peter Singer “La cosa migliore che tu puoi fare”:

Da giovane, [la pioniera dell’AE] Julia [Wise] sentiva molto intensamente che la scelta di donare o non donare poteva fare la differenza tra la vita di qualcuno e la morte di un altro, tanto che decise che sarebbe stato immorale diventare genitore: le avrebbe preso troppo tempo e denaro. Quando lo disse a suo padre, egli replicò: «Non mi sembra che questo stile di vita ti renderà felice». Al che lei rispose: «Il punto non è la mia felicità». Più tardi, quando stava con Jeff [suo marito], capì che suo padre aveva ragione. La decisione di non volere figli la deprimeva. Ne parlò con Jeff e decisero che avrebbero potuto sia crescere un figlio che donare a sufficienza. Julia si sentiva eccitata all’idea di avere un bambino un giorno, poiché immaginava che sarebbe stata più utile al mondo se fosse stata soddisfatta della propria vita, piuttosto che essere «un’altruista depressa».

Tutti abbiamo limiti; se ritieni che una determinata scelta ti renda più triste, è il momento di riesaminarla. Puoi diventare più positivo per un motivo piuttosto che un altro? Se no, abbiamo veramente considerato al meglio le cose?

Julia ammette di fare degli errori: quando va a fare la spesa, si chiede continuamente: «Ho bisogno di questo gelato tanto quanto una donna povera, da qualche parte nel mondo, ha bisogno di vaccinare il suo bambino?». La spesa al supermercato la faceva diventare matta, quindi lei e Jeff decisero quanto avrebbero dovuto donare nei successivi sei mesi e poi stabilirono un budget sulla base di ciò che rimaneva, entro cui tenevano conto del denaro da spendere per sé stessi. Ora Julia non si fa più problemi sul gelato perché, come disse alla classe: «Il gelato mi rende veramente felice».

La decisione di Julia e Jeff di avere un bambino dimostra che hanno tracciato un limite oltre cui non avrebbero permesso all’obiettivo di aumentare le donazioni di precludere loro la possibilità di dedicarsi a qualcosa di molto importante. Bernadette Young, la compagna di Toby Ord, parla quasi allo stesso modo della decisione di avere un bambino: «Sono felice di donare il 50% dei miei guadagni durante tutta la mia vita, ma se anche avessi scelto di non diventare madre semplicemente per aumentare questa percentuale al 55%, alla fine quel 5% mi sarebbe costato molto di più di tutto il restante 50%… Sto decidendo di soddisfare un bisogno psicologico più grande e di pianificare una vita che valga la pena di essere vissuta fino all’ultimo». Sia Jiulia che Bernadette sanno che non poter avere un figlio—per qualsivoglia ragione—può portare alla depressione. Diventare genitore consuma senza dubbio sia denaro che tempo ma, a dispetto di tutto ciò, Bernadette evidenzia che gli altruisti efficaci possono ragionevolmente sperare che avere un bambino sarà vantaggioso per il mondo. Sia le abilità cognitive che alcune caratteristiche come l’empatia hanno una componente ereditaria significativa e possiamo anche aspettarci che i bambini verranno influenzati dai valori dei genitori e da ciò che essi fanno nella vita quotidiana. Sebbene non ci sia certezza che i figli degli altruisti efficaci faranno del proprio meglio e non provocheranno danni, c’è una ragionevole probabilità che scelgano di comportarsi come i genitori e ciò aiuta a ridimensionare i costi extra necessari a crescerli. Possiamo vederla da un altro punto di vista: se tutti coloro che sono preoccupati di fare del proprio meglio decidono di non avere figli, mentre quelli a cui non importa nulla degli altri continuano a procreare, possiamo veramente aspettarci che, tra qualche generazione, il mondo sarà un posto migliore?

C’è un atteggiamento collegato nei confronti delle arti che è comune nell’AE. Singer è netto su questo punto: non puoi davvero giustificare le arti.

Sostenere il mondo dell’arte può rientrare nel meglio che possiamo fare?

In un mondo che ha avuto a che fare con la povertà estrema e altri seri problemi che stiamo ancora affrontando, sostenere il mondo dell’arte sarebbe un valido obiettivo, tuttavia, per le ragioni che saranno analizzate nel capitolo 11, fare donazioni ai teatri e ai musei non è il meglio che possiamo fare.

Ho sentito diversi altruisti efficaci affermare di conoscere tanti altruisti efficaci che si buttano giù o si deprimono perché sentono di non avere abbastanza impatto sul mondo. Come progetto puramente intellettuale è affascinante iniziare da principi come “usare la ragione e l’evidenza per capire come fare il bene maggiore nel mondo” e provare a derivare cose come “prendersi cura dei figli” o “godersi il gelato” o “dedicarsi alle arti o sostenerle[16]” come casi speciali del principio complessivo. Ma, per quanto sia intellettualmente interessante, come guida per l’esistenza rappresenta un terribile errore. La ragione per prendersi cura dei figli (ecc…) non è che ti aiuta a fare il maggior bene. È che dovremmo assolutamente prenderci cura dei nostri figli. La ragione per cui l’arte, la musica e il gelato importano non è che ti aiutano a fare il bene maggiore. È che siamo esseri umani—non degli automi senz’anima—che rispondono in modi che non comprendiamo del tutto a cose il cui impatto su noi stessi non comprendiamo del tutto e non possiamo comprendere del tutto.

Ora, lo schema che è stato scelto dall’AE è stato quello di inserire clausole di salvaguardia. Molti parlano di avere un budget per sensazioni che scaldino il cuore da dedicare a donazioni “inefficaci” che, semplicemente, li fanno stare bene. E si ritagliano un’estensione ad hoc delle clausole come avere dei figli o mettere da parte un budget per i gelati o per le cene, e così via[17]. Tutto questo mi sembra che assomigli a delle istanze particolari, richieste con una frequenza che suggerisce che qualcosa non va. Si inizia con un singolo principio complessivo che sembra tremendamente attraente, ma ora ti trovi a dover accettare tutte le conseguenze—e diventare infelice—o iniziare, come individuo, a innestare estensioni ad hoc delle clausole. E viene fuori che è terribilmente stressante di per sé. Ti trovi con persone riflessive come Nick Cammarata in ansia per la loro cena. Non è la cena a essere il problema: è il fatto che Cammarata sia in ansia. O Julia Wise, nel decidere se prendersi un gelato—o avere un figlio.

E questo non sorprende: da un lato hai un principio molto chiaro e potente e delle entità sovrumane (le organizzazioni di AE + l’intera comunità) che diffonde messaggi estremamente chiari e persuasivi su come fare il bene maggiore. Ma è a livello individuale che le persone provano a capire e a porre limiti. Non c’è di che meravigliarsi se risulta stressante.

Questo è un grave problema per l’AE. Quando la gente prende sul serio un principio complessivo di questo genere, ottieni della gente stressata e nervosa, gente ansiosa che sta vivendo male. La corretta critica a questa situazione non è quella che fa Singer: quella che ciò impedisce loro di fare il bene maggiore. La critica giusta è che è il modo sbagliato di vivere. C’è bisogno di altri fondamenti della propria esistenza. Potrebbero includere una qualche variazione del principio summenzionato, come piccola parte di un ben più grande e ben sviluppata filosofia di vita. Ma deve essere decisamente smussato da un qualche altro principio, o principi. Questi principi devono possedere lo stesso tipo di forza e chiarezza: dev’essere trasparente come tutte le parti si incastrino, cosicché il principio del “maggior bene” sia fermamente limitato dagli altri principi. E potrebbe darsi il caso che il bilanciamento necessiti di essere (in parte) delegato a istituzioni sovrumane, che sia troppo da chiedere per molti individui senza causare loro uno stress tremendo. Ma se il “maggior bene” è utilizzato come pietra fondante di una filosofia di vita, sulla quale innesti le clausole addizionali ad hoc, mi sembra una ricetta per avere problemi.

Una soluzione alternativa e che credo sia stata fatta propria da molti altruisti efficaci è una forma di AE-debole. L’AE-forte prende il “fare il bene maggiore che puoi” in modo estremamente serio come aspetto centrale di una filosofia di vita. L’AE debole utilizza tale principio più come una guida. Dona l’1% delle tue entrate. Dona il 10% delle tue entrate, fintanto che non ti mette in difficoltà. Sii riflessivo a proposito dell’impatto che il tuo lavoro ha sul mondo e consulta tante fonti differenti. Queste sono tutte cose buone da fare! La critica di questa forma è che è cosa buona e giusta, ma anche difficile distinguere ciò dalla comune e antecedente nozione che molti possiedono, ovvero “vivi bene e prova a fare del bene al mondo”. Come la mette Amia Srinivasan[18]:

Più sono incerte le cifre, meno sono utili i calcoli e più ci stiamo fidando del senso comune per capire che cosa abbia senso fare. Abbiamo davvero bisogno di un modello sofisticato che ci dica che non dovremmo trafficare nei mutui subprime [nda: sì], o che il sistema carcerario americano abbia bisogno di essere corretto, o che potrebbe valere la pena di dedicarsi alle politiche elettorali se si è sicuri di non farlo solamente per proprio interesse? Più complesso è il problema che l’altruismo efficace prova ad affrontare—cioè, più profondamente si interfaccia con il mondo in quanto entità politica -, meno il suo contributo diviene distintivo. Gli altruisti efficaci, come chiunque altro, si scontrano con il fatto che il mondo sia incasinato e, come chiunque altro voglia renderlo migliore, devono fare ciò che gli sembra sia meglio, senza un senso finale di come le cose potrebbero andare o una qualunque garanzia che stiano facendo la scelta giusta.

Più preoccupante dell’incapacità del modello di dirci alcunché di utile una volta che ci muoviamo al di fuori del reame circoscritto di un intervento controllato è la sua suscettibilità a essere usato per dire esattamente ciò che vogliamo sentire.

L’altruismo efficace fa suo lo spirito dell’argomento di Singer, ma ci protegge dal fuoco diretto delle sue conclusioni… Invece di degradare le nostre vite a un livello di sussistenza, siamo incoraggiati a iniziare con il tradizionale tributo del 10%, per poi aumentare ogni anno. Dunque l’altruismo efficace schiva una delle obiezioni più comuni nei confronti dell’utilitarismo: che chiede troppo da noi. Ma non è chiaro come questa schivata si attui. MacAskill dice che gli altruisti efficaci—come gli utilitaristi—si impegnano a fare il maggior bene possibile, ma afferma anche che va bene anche godersi uno “stile di vita comodo”, fintantoché si continua a donare molto in beneficenza. O l’altruismo efficace, come l’utilitarismo, ci chiede di fare il maggior bene possibile, o ci chiede più banalmente di provare a rendere le cose migliori. Il primo caso è genuinamente radicale, richiedendoci di revisionare la nostra vita quotidiana in modo inimmaginabili per i più (Singer continua a ribadire la necessità precisamente di questa revisione nel suo recente libro “La cosa migliore che tu puoi fare” e Strangers Drowning (“estranei che affogano”) di Larissa MacFarquhar è un elenco di “altruisti estremi” che hanno risposto alla chiamata). Il secondo caso—che si debba cercare di rendere le cose migliori - è condiviso da ogni sistema morale plausibile e da persona perbene. Se l’altruismo efficace è semplicemente attivo nel renderci più efficaci quando proviamo ad aiutare gli altri, è difficile fargli delle obiezioni. Ma in quel caso è anche difficile capire che cosa offra per avere delle nuove intuizioni morali, e ancora di più come possa essere l’ultimo movimento sociale di cui avremo mai bisogno.

Condivido molto di ciò che è scritto in questo passo. Penso però che ci sia un’ottima risposta a tono per l’ultimo commento di Srinivasan: “ma in quel caso è anche difficile capire che cosa offra [l’AE] per avere delle nuove intuizioni morali, e ancora di più come possa essere l’ultimo movimento sociale di cui avremo mai bisogno.” Ora, se fosse un argomento puramente teorico, sarei d’accordo con lei. Tuttavia, gli altruisti efficaci l’hanno fatto in pratica: hanno creato delle istituzioni che sono centrate per davvero su questa idea. E ciò ha valore ed è un’innovazione.

Critiche interne al principio dell’AE

Torniamo di nuovo ai principi dell’AE: “L’altruismo efficace significa usare l’evidenza e la ragione per fare il maggior bene possibile nel mondo”. Ho discusso i sintomi pratici dei problemi impliciti di questo principio. Ho anche discusso i problemi nel porre limiti al principio. Spostiamoci ora alle critiche dirette al principio stesso.

Molti di questi problemi sono i soliti utilizzati dalle persone per attaccare l’utilitarismo morale. Sfortunatamente, sono ben lontano dall’essere un esperto di questi argomenti. Spiegherò quindi molto velocemente la mia prospettiva: il “bene” non è intercambiabile e, quindi, qualsiasi quantificazione è un’indebita semplificazione. A dire il vero, non è solamente un’indebita semplificazione: è completamente sbagliato e davvero fuorviante. Certamente, questa quantificazione è spesso un comodo strumento per scendere a compromessi. Può anche rivelarsi utile per proporre argomenti morali che possano suggerire la strada (ma non trovarla). Tuttavia, non ha un ruolo fondamentale. Di conseguenza, idee come “aumentare il bene” o “il bene maggiore” sono utili come utili strumenti, ma sarebbe un errore ritenerle fondamentali. Inoltre, l’idea che esista “IL bene” porta a sua volta a delle perplessità. Esistono diversi beni, che sono di per sé non misurabili e incommensurabili, né si possono in qualche modo unire.

Credo che questi attacchi vadano a segno. Come strumento pratico e generativo, l’utilitarismo è utile. Non sono però un utilitarista come se fosse un fatto fondamentale sul mondo.

(Toccando questo argomento: è interessante chiedersi che verità ci sia nella passata affermazione del Segretario Generale dell’ONU Hammarskjöld per cui: “È più nobile donare completamente te stesso a un singolo individuo che lavorare diligentemente per la salvezza delle masse”. Questa non è, per essere gentili, una prospettiva dell’AE. Credo comunque che abbia in sé una parte importante di verità).

Andando ai bordi, la parte del principio che recita “usare l’evidenza e la ragione” è notevole. Vi è un cambiamento sempre in atto nel modo in cui l’umanità concepisce “l’evidenza e la ragione”, con qualche occasionale cambiamento netto. A dire il vero, molti dei più importanti traguardi dell’umanità sono stati cambiamenti radicali di ciò che riteniamo “evidenza e ragione”. Gli standard del secolo XI di “evidenza e ragione” sono molto diversi da quelli odierni. Immagino che nel secolo XXXI gli standard saranno nuovamente molto diversi. Ovviamente, questo punto può essere risolto mettendoci qualche pezza. Si potrebbe occuparsene modificando il principio in “i nostri attuali migliori standard di evidenza e ragione per fare il maggior bene possibile nel mondo”, enfatizzando la consapevolezza del fatto che queste cose cambino.

Varie ed eventuali

Questi sono quattro temi che mi piacerebbe trattare approfonditamente, ma ho deciso di lasciarli fuori dagli obiettivi di queste note. Li menzionerò solamente, con il rischio di confondere il problema con un breve resoconto troppo-facilmente-male-interpretabile. Tutti questi quattro temi hanno davvero bisogno di un lungo resoconto.

Decifrabilità ( “Illegibility”): Un argomento comune contro l’AE è che spesso sottovaluta l’attività indecifrabile. La tipica risposta da AE è un’altra forma di judo dell’AE, l’urlo di battaglia dei burocrati: rendiamola decifrabile[19]! Dobbiamo semplicemente determinare quanto bene un nuovo campo scientifico /​ una festa di compleanno di un bambino /​ dei nuovi tipi di scultura fanno. E tuttavia, più forme di attività rendiamo decifrabili, più la penombra dell’indecifrabilità si modifica e cresce, e gran parte del lavoro creativo più profondo dei cambiamenti trasformativi nella vita sono fatti da persone in questa penombra[20]. In molti tipi di lavoro, quando i risultati che ottieni sono i risultati che vuoi—in realtà, quando sono risultati che puoi anche solo comprendere—hai perduto una grande opportunità. “L’evidenza e la ragione” iniziano a venire meno, per definizione, nella penombra dell’indecifrabilità. Sospetto anche che, come tratto fondamentale di personalità, io sia più felice in quella penombra. Per questo motivo fatico così tanto a fare mio l’AE: mi sembra un linguaggio straniero, dove sono implicite delle assunzioni che non comprendo. Allo stesso modo, quando parlo di indecifrabilità con altruisti efficaci, spesso mi guardano come se mi fosse cresciuta un’altra testa. Vedono l’indecifrabilità come qualcosa che debba essere conquistato e minimizzato, mentre io la vedo come un fatto fondamentale e ineliminabile del mondo per come funziona. A ben vedere, più zone di indecifrabilità conquisti, più ne dovrai conquistare.

“L’AE-è-un-culto/​l’AE-è-una-religione”: Queste sono affermazioni comuni, utilizzate di solito come componente degli attacchi dei critici. Credo siano utilizzate spesso senza pensarci o maliziosamente, facendo leva sulla connotazione peggiorativa di “culto”. È vero, il movimento di AE ha delle caratteristiche che si sovrappongono a quelle di un culto; la stessa cosa vale per chi fa scalate, per chi apprezza la musica di Bob Dylan e così via con altre attività. La parte sostanziosa a cui fare attenzione è questa: come accade per qualunque movimento forte, attraente e in crescita, l’AE può attirare farabutti carismatici che vogliono approfittarsi degli altri. Questo è un serio problema, dal quale bisogna guardarsi. Non penso tuttavia che l’AE rischi di sottovalutarlo, se confrontato con qualsiasi altra forte ideologia.

Lungoterminismo /​ x-risk [cioè rischi esistenziali] /​ Sicurezza dell’IA: Questo richiede un gruppo di note a parte. Sono ampiamente a favore del lavoro sul rischio esistenziale in generale. Ammiro, per esempio, il recente libro di Toby Ord su questo argomento. Non ho forti opinioni su gran parte del lavoro che viene svolto sulla sicurezza dell’IA, anche se ci sono delle persone che stanno facendo un buon lavoro e le attività adiacenti (sull’equità, sull’interpretabilità, sulla comprensibilità…) hanno un grande valore.

Atmosfera ed estetica: Una mia amicizia ha sottolineato che l’AE ha un’atmosfera molto particolare e piuttosto insolita, diversa da tanti altri contesti culturali. Questo sembra sia vero che interessante. Non so esattamente che farci. Idem per l’estetica: l’AE tende a un’estetica molto particolare e strumentale. È interessante pensare al come l’arte si presenta: storicamente, gli approcci primariamente strumentali all’arte quasi sempre hanno portato a pessima arte. Sarebbe stupendo assistere a un movimento artistico di AE che scaturisca da qualcosa che non sia strumentale!

Tirando le somme

L’AE è una filosofia di vita in grado di ispirare e dare significato. Invita le persone a confrontarsi intensamente con qualche idea di un bene maggiore, a contribuire a tale bene maggiore e a metterlo al centro della propria vita. L’AE-in-pratica ha fatto direttamente tantissimo bene al mondo, migliorando la vita delle persone. È ottimo avere uno schema per discutere su “come fare il bene maggiore” pronto all’uso e, presumibilmente, di valore. L’AE-in-pratica mette a disposizione anche una solida comunità e un senso di appartenenza e di valori condivisi per molte persone. Come i pionieri morali, l’AE sta rendendo disponibile un importante insieme di nuovi beni comuni.

Tutto questo rende l’AE attraente come filosofia di vita, dando orientamento, significato e un nucleo chiaro e solido, con istituzioni a sostegno. Sfortunatamente, l’AE-forte è una cattiva filosofia di vita, con confini poco chiari che causano grande angoscia alle persone e che non va incontro ai bisogni basilari. L’AE-in-pratica è troppo centralizzato, troppo concentrato sul vantaggio assoluto. Il mercato spesso fa un lavoro migliore nel fornire certi tipi di beni privati (o privatizzabili). Comunque, l’AE-in-pratica probabilmente è migliore nel fornire alcuni tipi di beni pubblici di quanto facciano alcune istituzioni. L’AE si appoggia troppo al carisma online: vistosi, ma spesso inconsistenti discussioni su temi come l’argomento della simulazione, il rischio esistenziale e la sicurezza dell’IA tendono a dominare la conversazione, a danno di lavori più sostanziosi (ciò non significa che non ci siano buone discussioni su questi argomenti). L’AE-in-pratica è troppo vicino agli attuali sistemi di potere e fa poco per metterli in discussione o modificarli. Appropriarsi del termine “efficace” è un’astuta mossa di marketing e per costruire una comunità, ma intellettualmente maliziosa. L’AE vede l’indecifrabilità come un problema da risolvere, non come una condizione fondamentale. Per questo funziona male in alcuni contesti estetici o creativi. L’utilitarismo morale è un utile strumento pratico, ma limitato, confondendo la quantificazione utile per fare dei compromessi con un fatto fondamentale del mondo.

Ho fortemente criticato l’AE in queste note, ma non ho fornito alcuna alternativa che sia chiara e strutturalmente articolata. È come dire che una dieta a base di gelato e barrette di cioccolato non sia l’ideale, senza fornire dei cibi migliori. Può avere senso, ma non si può subito passare all’azione. Dato l’enorme bisogno emotivo delle persone di affidarsi a un sistema che, con forza, dia loro significato, non mi aspetto che abbia un grande impatto su quelle persone. È troppo facile allontanare con un colpo di mano i problemi, o ignorarli come se fossero cose che possono essere risolte prevedendo qualche clausola ed eccezione. Ma scrivere queste note mi ha aiutato a comprendere meglio sia perché io non sia un altruista efficace, sia perché penso che il principio dell’AE, con qualche modifica molto rilevante, potrebbe un elemento di valore in una più ampia filosofia di vita. Ma non capisco ancora cosa sia quella filosofia di vita.

Guardandosi intorno

Suggerisco di dare un’occhiata a critiche all’altruismo efficace e a queste quattro categorie di critiche all’AE. Quando ho finito la prima bozza di queste note, è stata indetta una competizione per criticare l’AE. Sono curioso di vedere quali saranno i contributi. Forse è un peccato che la struttura della competizione ruoti intorno a idee preesistenti dell’AE.

Riconoscimenti

Ringrazio molto persone per le conversazioni che hanno cambiato o reso più informato il mio modo di pensare all’AE, tra cui: Marc Andreessen, Nadia Asparouhova, Alexander Berger, David Chapman, Patrick Collison, Julia Galef, Anastasia Gamick, Danny Goroff, Katja Grace, Spencer Greenberg, Robin Hanson, David Krakauer, Rob Long, Andy Matuschak, Luke Muehlhauser, Chris Olah, Catherine Olsson, Toby Ord, Kanjun Qiu e Jacob Trefethen. Ogni buona idea qui è in gran parte loro. Naturalmente, sono interamente responsabile di ogni errore :-P! Un ringraziamento speciale ad Alexander Berger, Anastasia Gamick, Katja Grace, Rob Long, Catherine Olsson e Toby Ord: conversazioni con chi ha direttamente ispirato queste note. Mi aspetto che, comunque, molti di loro siano in forte disaccordo con molto di ciò che è stato scritto qui! E grazie a Nadia Asparouhova e David Chapman per aver dato un loro riscontro alle bozze di queste note. Grazie a Keller Scholl per avere indicato un errore nella prima condivisione di questo saggio.

  1. ^

    Helen Toner ha un contro argomento ben pensato all’idea che l’AE sia un’ideologia, asserendo che la maggior parte delle ideologie punta a fornire risposte, mentre l’AE verte perlopiù su una domanda (“come fare più bene”?). Il saggio è molto buono, ma ultimamente mi sento a mio agio nell’usare “ideologia” per descrivere l’AE. L’AE con forza presume che tu dovresti puntare al bene maggiore, usando al meglio il tuo giudizio sulla base delle opportunità e delle informazioni disponibili. In questo senso, sta fornendo una risposta. Comunque, come discusso in seguito, uno degli aspetti più attraenti di AE—e uno di quelli insoliti tra le ideologie - è che una grande fetta della risposta è in mutamento e viene costantemente rinegoziata.

  2. ^

    Farò spesso riferimento a individui che “sono” altruisti efficaci. Naturalmente, la questione dell’identità è insidiosa. Ci sono molte persone—tra le quali il sottoscritto—che sono vicine alla comunità di AE, ma non direi che ne facciano parte (io, di certo, non mi considero un altruista efficace). Una delle mie battute preferite sulla comunità razionalista (tra l’altro, vicina all’AE) è che i suoi membri dicono sempre “non sono un razionalista, ma…”. Non è altrettanto vero per gli altruisti efficaci, ma c’è del vero anche qui.

  3. ^

    Queste idee sono frutto di conversazioni con Catherine Olsson e Rob Long

  4. ^

    Peter Singer, “The Most Good You Can Do” (2015) [ed. italiana “La cosa migliore che tu puoi fare”, 2016].

  5. ^

    “Psiconauta morale” mi è stato suggerito da Catherine Olsson.

  6. ^

    In questi e altri esempi non è chiaro chi sia il pioniere morale originale. Di certo l’autore del “Sermone” non ha “scoperto” queste idee da solo, ma provengono da una traduzione, da un qualche atto di scoperta collettiva. È anche vero che, solo perché qualcuno è un pioniere morale, ciò non significa che sia una brava persona in senso assoluto! In tal senso il termine “eroe” risulta forse inappropriato.

  7. ^

    E wow, se lo sono. Questa è per me una seccatura personale, e dove penso gli AE si allontanino nettamente dal buonsenso. Newton, Darwin, e Einstein non sono arrivati alle loro grandi svolte usando studi controllati randomizzati e meta-analisi. Picasso non dipingeva in questo modo. Questi studi e le meta-analisi costituiscono una piccola parte dell’arsenale della scienza, non il pinnacolo. A ben vedere, la metodologia in questo senso non è mai il pinnacolo.

  8. ^

    Mi piace intrattenermi con l’idea che sia un approccio popperiano a “il bene”. Le congetture e le smentite morali, la logica della scoperta etica. Incidentalmente, potreste affermare che “che cos’è buono?” è esattamente l’ambito dell’etica e della filosofia morale. L’AE presumibilmente aggiunge componenti (imperfetti) applicati e sperimentali dal mondo a questi temi.

  9. ^

    Forse abbiamo bisogno di un “Center for Effective Effective Altruism” [ovvero “Centro per l’Efficace Altruismo Efficace”]? O di un “Givewellwell” [letteralmente “BuonGiveWell”] che valuti l’efficacia della valutazione di efficacia delle organizzazioni.

  10. ^

    Una mia amicizia ha notato come alcune organizzazioni di AE siano passate attraverso l’acceleratore di startup YCombinator. Ho chiesto come fosse andata. Hanno fatto una pausa, per poi dire con una risata che non ne erano sicuri, ma era notevole che le organizzazioni fossero diventate “molti più interessate ai grafici che vanno verso l’alto e verso destra”. (In generale, credo che questo sia positivo. Non ne sono sicuro, ma mi piace questa storia).

  11. ^

    È interessante immaginare l’AE principalmente come un mezzo per procurarci beni pubblici che sono poco forniti dal mercato. Una critica un po’ più profonda su questo è che il mercato fornisce un potente insieme di segnali che aggregano la conoscenza decentralizzata e aiutato le persone ad agire a partire dal loro vantaggio comparativo. L’AE, a confronto, è relativamente accentrato e si concentra sul vantaggio assoluto. Tende a centralizzare le azioni delle persone e ad aggravare gli errori. È inoltre probabilmente un modello ben più debole di allocazione delle risorse, anche se ha il vantaggio di concentrarsi sui beni pubblici. Ogni tanto mi sono fatto delle domande su un “AE ultraliberale”, più orientato al mercato, ma che corregga sistematicamente i ben noti fallimenti di quest’ultimo.

  12. ^

    Questo sembra valere meno per l’AE che per molte altre organizzazioni e movimenti (ma non tutte). Resta comunque motivo di preoccupazione che le organizzazioni di AE (perlopiù) non abbiano alcuna data di scadenza, né che esista un modello competitivo che assicuri che organizzazioni migliori crescano floride e superino quelle meno efficaci. A tal proposito, ho sentito dire che la prima generazione di una religione di successo ha inizio con un profeta, mentre la seconda è gestita da un burocrate molto bravo. Questo è forse vero anche in altri contesti.

  13. ^

    C’entra fino a un certo punto, ma: trovo a volte molti nuovi altruisti efficaci un po’ troppo moralisti e sicuri di sé - e a volte un po’ troppo ferventi, sia nei confronti dell’AE, sia nei confronti di una particolare area di cause (“perché stai perdendo il tuo tempo facendo questo, dovresti lavorare sulla sicurezza dell’IA”, detto da qualcuno che pensa di saperne di IA, ma non lo sa e non ha idee di alcun valore sulla sicurezza dell’IA). Questo varia dal divertente e dal leggermente fastidioso all’esasperante. Questo schema, comunque, è comune a molti movimenti ideologici e dubito sia particolarmente un problema dell’AE. Puoi trovare problemi simili nell’ambientalismo, nelle criptovalute, nel liberalismo, in molte religioni, nel comunismo e in tante altre ideologie.

  14. ^

    Con l’eccezione, cruciale, della partecipazione nel mercato e dell’essere sottoposti a un governo. È un comandare attraverso la tecnocrazia. È forse indicativo che la partecipazione nel mercato sia a sua volta posta in termini di scelta. Ma introduce una idea di un gruppo di scelte “naturali” disponibili, attraverso concetti come il mercato del lavoro e il mercato di beni e servizi. Non c’è nulla di naturale in tutto questo.

  15. ^

    Non sono certo che “dovere” sia il termine che si usa di solito, ma implica abbastanza bene il senso emotivo che spesso colgo. Non esclude la gioia e la vitalità, ma non sono la priorità.

  16. ^

    Sospetto che nessuna società, mai, che sia stata sana non abbia investito una quantità significativa di tempo e risorse nelle arti.

  17. ^

    Un saggio intuitivo e comprensivo su questo filone è You have more than one goal, and that’s fine [“Hai più di un obiettivo e va bene così] di Julia Wise (2019). [ndt: lo vedremo nella settimana 8]

  18. ^

    Amia Srinivasan, Stop the Robot Apocalypse [“Fermare l’apocalisse robotica”], London Review of Books (2015).

  19. ^

    James Scott, “Seeing Like a State” [“Vedere come uno stato”] (1998).

  20. ^

    Cf. il concetto strettamente correlato di nebulosità formulato da David Chapman.