Uno dei nostri valori fondamentali è la nostra tolleranza per il “rischio” filantropico. Il nostro obiettivo complessivo è quello di fare la maggiore quantità di bene possibile e per fare questo siamo disponibili a supportare del lavoro che ha un alto rischio di fallire nel raggiungere i suoi obiettivi. Siamo persino disponibili a sostenere un lavoro che ha più del 90% di probabilità di fallire, a patto che il suo valore atteso generale sia abbastanza elevato.
E pensiamo che, in realtà, gran parte della migliore filantropia probabilmente fallirà. Crediamo che la filantropia con alti rischi, ma anche elevati possibili benefici, sia descrivibile come “hits business” (“business dei successi”), nel quale una piccola parte di successi giganteschi contribuisce a un’ampia fetta dell’impatto totale — e compensa il gran numero di progetti falliti.
Se questo è vero, credo che dovrebbe spingerci a donare secondo alcuni princìpi controintuitivi — princìpi che sono molto diversi da quelli che sottostanno al nostro lavoro su GiveWell. In particolare, se si vuole avere un approccio “basato sui successi”, si dovrà ogni tanto scommettere su idee che sono in contraddizione col senso comune, con l’opinione di qualche esperto e che non hanno chiare prove a loro supporto. Nel sostenere questo tipo di lavoro, c’è il rischio che qualcuno ci reputi troppo sicuri di idee basate su ricerche e riflessioni insufficienti.
Infatti, c’è ragione di credere che parte della migliore filantropia probabilmente appaia sistematicamente in questo modo. Detto questo, pensiamo anche che essere davvero troppo sicuri di sé e poco informati possa essere estremamente dannoso nel nostro lavoro; essere ben informati e riflettere sui modi in cui potremmo sbagliarci è il nocciolo di quel che facciamo e noi crediamo fortemente che alcuni progetti di filantropia “ad alto rischio” siano molto più promettenti di altri.
In questo post si potrà trovare:
Un riassunto del perché pensiamo che un approccio “basato sui successi” sia appropriato.
Una lista di alcuni princìpi che pensiamo abbiano senso per gran parte del processo di scelta, ma — e forse è controintuitivo — non sono consoni alle donazioni basate sui successi.
Una lista di princìpi che riteniamo utili per essere sicuri di concentrarci sulle migliori opportunità ad alto rischio possibili.
Esiste un’analogia naturale con alcuni tipi di investimenti a scopo di lucro e c’è una certa sovrapposizione tra il nostro pensiero e le idee esposte da Paul Graham in un saggio del 2012, Black Swan Farming (allevare cigni neri).
L’argomentazione di base per la donazione basata sui successi
Concettualmente, noi ci concentriamo su come massimizzare il valore atteso del bene che facciamo. Spesso non è possibile giungere a una stima precisa o anche solo quantitativa del valore atteso, ma il concetto ci è utile per illustrare quello che stiamo cercando di fare. Ipoteticamente parlando, e semplificando non poco, noi considereremmo ugualmente promettenti le seguenti opportunità: (1) una sovvenzione da 1 milione di dollari che preverrebbe esattamente 500 morti premature; (2) una sovvenzione da 1 milione di dollari che ha il 90% di possibilità di non ottenere alcunché e il 10% di possibilità di prevenire 5000 morti premature. Entrambe hanno come valore atteso la prevenzione di 500 morti premature. Come dimostrato da questo esempio, una politica orientata al “valore atteso” implica che non abbiamo una preferenza di base per la filantropia a basso rischio o per la filantropia potenzialmente più impattante ad alto rischio. Possiamo optare per l’una o per l’altra, sulla base dei dettagli. Come nota a margine, la maggior parte degli altri finanziatori che abbiamo incontrato ha chiare opinioni a riguardo di cosa sia meglio tra assumersi un grosso rischio o finanziare ciò che è più affidabile e testato; potremmo avere un approccio insolitamente agnostico sulla questione.
Ciò detto, posso pensare ad alcune motivazioni fondamentali per credere che un approccio basato sul “valore atteso” possa spesso favorire donazioni ad alto rischio e potenzialmente in grado di portare a un’importante trasformazione.
1. Storia della filantropia. In precedenza abbiamo fornito un’ottima panoramica su alcuni dei più importanti successi rivendicati dalla filantropia. Da allora, abbiamo indagato ulteriormente questo argomento attraverso il nostro progetto di storia della filantropia e abbiamo in programma di pubblicare entro la fine del 2016 un riassunto aggiornato di quello che abbiamo imparato. Una delle nostre scoperte è che almeno qualche volta è accaduto che un filantropo si sia assunto un grosso rischio — finanziando qualcosa senza avere particolari ragioni per aspettarsi il successo — per poi ottenere un enorme impatto, potenzialmente sufficiente per compensare molti progetti falliti.
Ecco alcuni esempi particolarmente lampanti (fate conto che si concentrano sulla grandezza dell’impatto, piuttosto che sulla positività o meno del risultato):
La Rockefeller Foundation ha investito nella ricerca per il miglioramento della produttività agricola nei paesi in via di sviluppo, e questo è oggi comunemente ritenuto come il catalizzatore della “Rivoluzione Verde”, che secondo Wikipedia è “responsabile di aver salvato più di un miliardo di persone dalla fame” (l’articolo su Wikipedia discute del ruolo della Rockefeller Foundation, così come anche questo post sul HistPhil blog, supportato dal progetto di Open Philanthropy).
Nel libro The Birth of the Pill (“La nascita della pillola”), Jonathan Eig dà alla filantropa e femminista Katharine McCormick — grazie anche ai consigli di Margaret Sanger — il merito di essere la sola finanziatrice del primo, cruciale stadio della ricerca che ha portato allo sviluppo della pillola anticoncezionale combinata, che è attualmente uno dei metodi contraccettivi più utilizzati ed economici.
Nel libro The Rise of the Conservative Legal Movement (“L’ascesa del movimento legale conservatore”), il professor Steve Teles sostiene che i conservatori abbiano finanziato molti obiettivi a lungo termine e ad alto rischio, senza essere in qualche modo in grado di predire il loro successo. Aggiunge anche che il loro impatto finale ha portato a cambiare profondamente il modo in cui la professione legale opera e la statura intellettuale generale del conservatorismo politico.
Se fossero considerate accurate, queste storie implicherebbero che la filantropia — e, nello specifico, la filantropia che supporta i primi stadi delle ricerche e i progetti ad alto rischio — abbia svolto un ruolo fondamentale per alcuni dei più importanti progressi dell’ultimo secolo.[1] Un “fascicolo” filantropico che contenesse uno di questi progetti, assieme a un gran numero di progetti simili che sono falliti, probabilmente avrebbe comunque una performance generale molto buona, in termini di impatto ottenuto per dollaro speso.
2. Vantaggio comparativo. Quando cerchiamo di capire come donare nel migliore dei modi possibili, una tattica da considerare è: “cos’è che i filantropi sono più adatti (o meno adatti) a fare, strutturalmente parlando, rispetto ad altre istituzioni?”. Persino i filantropi più prominenti hanno in genere meno fondi disponibili rispetto ai governi e agli investitori a scopo di lucro, ma i filantropi hanno molte meno limitazioni dettate dal bisogno di fare profitto o di giustificare il loro lavoro di fronte a un ampio pubblico. Possono sostenere un lavoro anche ai “primissimi” stadi, come per esempio idee nuove e non verificate, o progetti che necessitano verosimilmente di molti decenni per ottenere un impatto. Possono sostenere anche lavori che falliscono al fine di trovare quelli che hanno successo. Possono supportare lavori che, per essere riconosciuti come importanti, richiedono una vasta conoscenza e che sarebbero difficili da giustificare di fronte a un ampio pubblico. Tutto questo suggerisce che, quando i filantropi finanziano progetti a bassa probabilità di successo e con possibilità di rendimento elevato, stanno facendo quello che sanno fare meglio, se comparati ad altre istituzioni.
3. Analogia con gli investimenti a scopo di lucro. Molte forme di investimento a scopo di lucro, come per esempio la venture capital investing, sono business “basati sui successi” (più informazioni a riguardo nell’articolo che ho citato in precedenza). La filantropia sembra avere degli importanti punti in comune con l’investimento a scopo di lucro: nello specifico, sta tutto nel capire come allocare una data quantità di risorse tra progetti che hanno una grande varietà di possibili risultati. E molte delle differenze tra l’investimento a scopo di lucro e la filantropia (come già discusso) sembrano implicare che un approccio “basato sui successi” è probabilmente più adatto alle donazioni che agli investimenti.
“Anti-princìpi” per le donazioni “basate sui successi”
In questa sezione discuteremo dei princìpi che pensiamo siano validi per gran parte dei processi decisionali, ma non sono adatti alle donazioni basate sui successi. Per essere chiari, questi princìpi saranno esposti come: “Rifiutiamo X”, dove X è il principio che a nostro parere si adatta male a questo approccio.
Un tema ricorrente nei punti che esporremo è che un principio, per essere adatto, dev’essere compatibile con le migliori opportunità immaginabili di donazione — ovvero quelle che assomigliano ai casi elencati nella sezione precedente, come quello della Rivoluzione Verde. Qualsiasi principio che scoraggi sistematicamente le donazioni verso i più grandi successi immaginabili è probabilmente inadatto a un sistema basato sui successi, anche se in altri contesti può essere un buon principio.
Rifiutiamo: Le prove convincenti non sono facili da ottenere e di solito richiedono uno sforzo sostenuto e ben finanziato. Richiedere prove convincenti sarebbe quindi in contrasto con il nostro interesse negli argomenti più trascurati. Significherebbe che ci troveremmo generalmente a sostenere idee che altri hanno già largamente esplorato e finanziato — e questo diminuirebbe la probabilità di ottenere un impatto di grosse dimensioni tramite la nostra partecipazione. E alcune attività, come finanziare la ricerca scientifica o i lavori che puntano a influenzare la politica, sono intrinsecamente difficili da “verificare” in modo consistente in termini di predittività. Nella mia opinione, la maggior parte dei “successi” filantropici del passato non era supportata da evidenze, nel senso che non possedeva chiare prove predittive di successo, anche se probabilmente le evidenze sono rientrate in modi più indiretti.
Rifiutiamo:A mio avviso, delle forti evidenze sono generalmente necessarie per giustificare un’alta probabilità di avere un impatto positivo ragionevolmente importante. Così come nel venture capital, dobbiamo essere disposti a sostenere molti progetti fallimentari per ogni successo — e i successi devono essere abbastanza importanti da giustificare tutto questo.
Rifiutiamo: Un altro punto simile al precedente: seguire l’opinione di un esperto e il senso comune probabilmente contrasta con il nostro obiettivo di cercare le cause più trascurate. Se finanziassimo un lavoro preliminare volto a cambiare l’opinione degli esperti e/o il senso comune su un argomento importante, questo potrebbe essere un buon candidato per ottenere un successo importante. Pensiamo che sarebbe un cattivo segno se nemmeno un esperto (inteso genericamente come “persona che ha molta esperienza a proposito di un dato problema”) fosse d’accordo con la nostra prospettiva su un argomento, ma quando c’è discordanza tra i vari esperti dobbiamo essere disposti a schierarci con alcuni in particolare. Nella mia opinione, questo è spesso fattibile in modo produttivo imparando abbastanza a riguardo dei punti chiave da poter determinare quali argomentazioni sono più in linea con i nostri valori ed epistemologia di base.
Rifiutiamo: A parità di tutto il resto, preferiremmo non finire in queste situazioni, ma compiere grossi sforzi per evitarle pare incompatibile con un approccio basato sui successi. Siamo solidali alle argomentazioni del tipo: “dovresti essere meno sicuro delle tue posizioni quando persone intelligenti e con buone intenzioni hanno opinioni opposte” o “è un peccato quando due gruppi di persone spendono risorse nell’opporsi gli uni agli altri, senza ottenere così alcun risultato globale, quando invece potrebbero investire tutte le loro risorse in qualcosa su cui sono d’accordo, come per esempio aiutare direttamente i bisognosi”. Crediamo che queste argomentazioni diano qualche motivo per preferire gli enti di beneficenza suggeriti da GiveWell. Ma pensiamo anche che vadano tralasciate quando puntiamo a obiettivi basati sul successo.
Pensiamo che molti grandi successi coinvolgeranno l’ottenimento di un moltiplicatore sul nostro impatto tramite la modifica di norme sociali o delle opinioni di coloro che prendono le decisioni chiave. E il nostro interesse per i problemi trascurati ci porterà spesso a occuparci di situazioni in cui le norme sociali, o gruppi ben strutturati, ci sono fortemente contrari. Nessuno dei grandi successi sopra nominati è avvenuto senza controversie. La pillola anticoncezionale combinata, per esempio, era fortemente controversa a suo tempo (portando, secondo me, i governi o altri finanziatori a trascurare la ricerca necessaria), mentre ora in genere è decisamente più accettata; questo, per me, è una parte fondamentale del perché è stato un progresso così epocale.
Rifiutiamo: Spiegare le nostre opinioni per iscritto è fondamentale per il progetto di Open Philantropy, ma dobbiamo stare attenti che questo non ci porti a distorcere il nostro processo decisionale. Temo che, quando consideriamo una sovvenzione, il nostro personale tenda a pensare preventivamente a come giustificherà questo finanziamento al nostro pubblico e che si tiri indietro se sembra un compito troppo difficile — in particolare, quando il caso sembra troppo complesso e si basa su informazioni variegate e difficili da riassumere. Questo è un errore che non vorremmo commettere. Se ci concentreremo sui problemi che sono facili da spiegare anche a estranei con scarsa conoscenza di base, ci dedicheremmo ad argomenti che probabilmente sono già largamente trattati e avremmo più difficoltà a occuparci dei campi più trascurati.
Un buon esempio è il nostro lavoro su una politica per la stabilizzazione macroeconomica: la problematica in questione è molto complessa e le nostre opinioni sono basate su anni di discussioni e interazioni con importanti esperti del settore e sulla vasta documentazione pubblica. A mio parere è una causa così attraente per noi in parte proprio per la difficoltà nel comprendere e nel riassumere il problema: la politica per la stabilizzazione macroeconomica è estremamente importante, ma anche piuttosto esoterica, e penso che ciò spieghi perché alcuni approcci alla questione sono ancora trascurati (in particolar modo, quelli che si focalizzano sull’ambiente politico invece che sulla ricerca economica).
Ai fini di ottimizzare il processo, abbiamo cercato di separare il processo decisionale da quello della scrittura della relazione pubblica. Tipicamente, gli operatori raccomandano le sovvenzioni sulla base di relazioni scritte interne. Andando avanti nel nostro procedimento, dopo che coloro che fanno le decisioni hanno approvato le idee di base sottostanti a una sovvenzione, altro personale interviene e “traduce” le relazioni scritte interne in relazioni che siano adatte alla pubblicazione. Uno dei motivi per i quali ero impaziente di organizzare il nostro procedimento in questa maniera è che credo che permetta alle persone di concentrarsi sul dare le migliori sovvenzioni possibili, senza doversi preoccupare di come queste sovvenzioni saranno spiegate al pubblico.
Un nostro valore fondamentale è essere trasparenti a riguardo di ciò che facciamo. Ma “trasparente” non significa “documentare ogni cosa in modo esauriente”, o “argomentare ogni cosa in modo convincente”. Ne parleremo ancora più avanti.
Rifiutiamo: Ci saranno occasioni in cui avremo un’opinione su un dato argomento molto diversa dalla maggior parte delle persone del mondo e in cui le persone che, secondo noi, potrebbero essere più utili per tale questione non saranno le stesse con idee simili alle nostre (e non a caso). Questo potrebbe metterci in pericolo di entrare in una “bolla” intellettuale o in una “camera dell’eco”: un insieme di persone intellettualmente isolate che rinforzano vicendevolmente le proprie idee, senza apportare alcuna necessaria prospettiva alternativa o contro-argomentazione.[2]
In alcuni casi, questo rischio può essere aggravato dalle connessioni sociali. Quando reclutiamo specialisti in cause specifiche, cerchiamo esplicitamente persone con esperienze importanti e connessioni rilevanti in un dato settore. A volte, questo significa che i nostri responsabili di programma sono amici di molte delle persone più adatte a diventare nostri consulenti e beneficiari di sovvenzioni.
Altri collaboratori, me incluso, si specializzano nello scegliere tra le cause, piuttosto che concentrarsi su una causa specifica. La missione dello “scegliere tra le cause per fare la maggior quantità di bene possibile” è a sua volta uno spazio intellettuale circondato da una comunità. In particolar modo, molti del nostro staff — incluso il sottoscritto — sono parte della comunità di altruismo efficace e hanno molti legami sociali in quella comunità.
Ne risulta che, a volte, è difficile isolare la richiesta di una sovvenzione dalle relazioni sociali che la circondano. Quando ciò avviene, c’è un rischio decisamente maggiore di non essere oggettivi e di non soppesare le argomentazioni e le evidenze disponibili in modo razionale. Se il nostro obiettivo fosse quello di individuare le opportunità di donazione maggiormente supportate dall’evidenza, questo sarebbe un problema importante. Ma gli svantaggi nel caso di un approccio “basato sui successi” sono meno chiari e i danni causati dall’evitare eccessivamente queste situazioni sarebbero, per come la vedo io, inaccettabili.
Per fare un esempio basato sulla mia esperienza:
Il mio profondo interesse per l’altruismo efficace e per le donazioni basate sull’impatto mi hanno portato a diventare amico di persone con interessi analoghi — e anche a condividere la stessa casa.
Passo molto tempo con persone che ho scoperto condividere fortemente i miei valori ed epistemologia di base e che sono più interessanti e preziosi come colleghi intellettuali.
Se avessi deciso, come regola, di chiedere ai miei amici di evitare di darmi consigli o di cercare il mio aiuto per il progetto di Open Philanthropy, questo mi impedirebbe di ricevere contributi da alcune delle persone di cui maggiormente apprezzo le opinioni.
Utilizzando un approccio “basato sui successi”, possiamo attenderci che solo pochi progetti migliori portino a gran parte (o alla maggior parte) dell’impatto complessivo. Escludere le idee di alcune delle persone che maggiormente condividono i nostri valori potrebbe quindi drammaticamente ridurre il valore atteso del nostro operato.
Questo problema è anche più rilevante per altri nostri collaboratori, dato che i responsabili delle indiagini sulle opportunità di finanziamento in una determinata area sono in genere coloro che hanno le maggiori connessioni sociali nelle comunità interessate.
Per fare chiarezza, non credo che dovremmo ignorare i rischi di queste “bolle intellettuali” o dei conflitti d’interesse. Per mitigare questi rischi, cerchiamo di:
essere sempre trasparenti sulle connessioni rilevanti con chi prende le decisioni;
sforzarci sempre attivamente di cercare prospettive alternative prima di prendere decisioni, prendendo anche in considerazione le migliori contro-argomentazioni che riusciamo a individuare;
far sì che i membri chiave del nostro personale comprendano autonomamente i problemi più importanti, piuttosto che essere dipendenti dal giudizio di amici e consulenti, nella misura in cui questo resta utile;
chiederci sempre come le nostre relazioni sociali possano distorcere la nostra percezione di una situazione;
assicurarci di cercare il contributo di personale che non ha conflitti d’interesse rilevanti o interazioni sociali che possano interferire.
Anche dopo aver fatto tutto questo, tuttavia, ci saranno sempre situazioni in cui una sovvenzione che vorremmo raccomandare è fortemente sostenuta da molti dei nostri amici, ma suscita poco interesse da parte di coloro che sono estranei ai nostri circoli sociali e intellettuali. Penso che, se evitassimo di raccomandare queste sovvenzioni, perderemmo alcune delle nostre migliori possibilità di avere un grande impatto — e questo è un costo inaccettabile per un approccio “basato sui successi”.
Rifiutiamo: Quando mi immagino il successo filantropico ideale, ciò che visualizzo è il sostegno dato a qualche idea estremamente importante di cui, a differenza della maggior parte del resto del mondo, vediamo il potenziale. A quel punto dovremmo sostenere quell’idea più di quanto potrebbe fare ogni altro principale finanziatore, per poi infine ottenere un grande successo e far cambiare opinione alla gente.
In queste situazioni, mi aspetto che l’idea inizialmente sia guardata con scetticismo, o magari persino con forte ostilità, dalla maggior parte delle persone che vi ci sono imbattute. Immagino che non avrebbe solide, chiare evidenze a sostenerla (o che, se anche le avesse, queste sarebbero estremamente difficili da spiegare e riassumere) e che, pertanto, scommettere su di essa sarebbe una mossa con scarse probabilità di successo. Tenendo conto di tutto questo, mi aspetto che coloro che osservano il nostro lavoro dall’esterno credano spesso che stiamo prendendo una decisione poco saggia, basata principalmente sulle speculazioni, con evidenze deboli e ottenuta in bolle intellettuali che si auto-alimentano. Immagino, quindi, che molti ci vedrebbero come avventati e poco informati. E infatti, per la natura stessa del sostenere idee impopolari, saremmo davvero a rischio di tutto questo, a prescindere da quanto ci impegniamo (e dovremmo impegnarci molto) per cercare e considerare prospettive alternative.
Penso che un approccio “basato sui successi” implichi l’essere pronti ad andare avanti in queste situazioni e accettare i rischi che esse comportano. Ma, come vedremo in seguito, penso che ci siano modi migliori e peggiori di fare ciò e importanti differenze tra assumere questo tipo di rischio o semplicemente perseguire fantasie fine a sé stesse.
Princìpi operativi per fare donare al meglio con un orientamento “basato sui successi”
Nella sezione precedente ci siamo opposti a molti dei princìpi che sono importanti in altri contesti e che forse i fan di GiveWell si aspettavano che noi seguissimo. È ragionevole chiedersi: se uno è disposto a dare suggerimenti che non sono basati su evidenze, opinioni di esperti o senso comune — c’è qualche principio per distinguere buoni e cattivi modi di donare? O dovremmo semplicemente finanziare ciò che intuitivamente suscita il nostro entusiasmo?
Penso che sia difficile determinare quale tipo di comportamento può portare a grandi successi con più probabilità, dato che per loro natura i “grandi successi” sono rari e verosimilmente difficili da predire. Non conosco così approfonditamente i filantropi che hanno contribuito ai grandi successi del passato da poter dire un granché con sicurezza. Ma posso schematizzare alcuni principi che utilizziamo per cercare di donare al meglio con un orientamento “basato sui successi”.
Considerare l’importanza, la trascuratezza e la risolvibilità. Questi sono i criteri chiave del progetto di Open Philanthropy. Penso che, a parità di condizioni, ciascuno di essi renda i grandi successi più probabili e, considerati singolarmente, siano spesso piuttosto semplici da stimare. Gran parte del resto di questa sezione si occuperà di come stimare questi criteri in situazioni complicate (per esempio, quando non c’è consenso tra gli esperti o quando mancano prove chiare).
Considerare i migliori e i peggiori scenari possibili. In teoria, dovremmo assegnare una probabilità a ciascuno dei possibili risultati e concentrarci sul valore atteso complessivo. In pratica, questo si può approssimare valutando quanto impatto un progetto avrebbe se riuscisse a raggiungere tutti i suoi obiettivi a lungo termine (miglior scenario possibile) e quanto danno potrebbe fare se finisse fuorviato (peggior scenario possibile). Quest’ultimo scenario ci dà qualche misura di quanto si debba essere cauti nell’affrontare un progetto e di quanto ci si debba sforzare di esplorare le possibili contro-argomentazioni prima di procedere. Il primo scenario invece serve come misura dell’importanza e, finora, abbiamo largamente utilizzato questo metodo per stimarla. Per esempio, si vedano i fogli di calcolo qui e, in particolare, le nostre stime del valore di importanti cambiamenti di politiche su diverse tematiche.
Spesso gli obiettivi sono più facilmente raggiungibili di quel che sembra inizialmente (qualche esempio qui), quindi, a mio parere, vale spesso la pena di puntare a un obiettivo importante, anche se sembra quasi impossibile. Considerando che i grandi successi sono rari, è molto importante scegliere se puntare a obiettivi ragionevolmente importanti o a obiettivi con il massimo impatto. Nonostante l’incertezza intrinseca in questo modo di donare, credo che la domanda “quanto bene si potrebbe ottenere nel migliore scenario possibile?” avrà risposte molto diverse per ciascuna opportunità di donazione.
Puntare a una comprensione approfondita dei problemi chiave, della letteratura, delle organizzazioni e delle persone collegate a una causa, dedicandoci una grossa mole di lavoro oppure formando una relazione di fiducia con qualcun altro che possa farlo. Sostenendo progetti che sembrano — sulla base di una comprensione superficiale — entusiasmanti e ad alto impatto, rischiamo fortemente che le nostre donazioni siano ridondanti con quelle di altri finanziatori. Sostenendo invece progetti che sembrano superficialmente entusiasmanti e ad alto impatto, ma non sono sostenuti da altri, allora rischiamo di essere sistematicamente predisposti a sostenere progetti che gli altri hanno scelto di non supportare per buone ragioni. Di contro, noi generalmente puntiamo a sostenere progetti che si basano sull’entusiasmo di persone fidate che siano tra le più informate al mondo, con buone connessioni e considerevolmente razionali.
Questo è difficile da ottenere. Significa trovare persone che sono (o possono essere) estremamente informate su problematiche che non avremo mai il tempo di comprendere pienamente e trovare modi di stringere con loro relazioni di grande fiducia. Così come per molti altri filantropi, la nostra procedura di base in merito è scegliere aree su cui concentrarci e assumere personale collegato a tali aree. In certi casi, piuttosto che assumere qualcuno che si specializzi in una specifica causa, cerchiamo di assicurarci di avere un generalista che dedichi molto tempo e attenzione in una determinata area. Ad ogni modo, il nostro personale punta a inserirsi bene nella rete di connessioni e a formare le proprie relazioni di fiducia con le persone meglio informate del settore d’interesse.
Penso che la ricompensa per tutto questo lavoro sia l’abilità di identificare aree che, per essere davvero entusiasmanti e apprezzate, richiedono ragionamenti e conoscenze sopra la media.Secondo me, questo è potenzialmente un buon metodo per essere predisposti a sostenere buone idee anche prima che queste siano largamente riconosciute come buone e per ottenere, quindi, grandi successi.
Minimizzare il numero di persone che elaborano strategie e prendono decisioni. Quando si prende una decisione come compromesso tra molte persone con prospettive molto differenti, è molto probabile che questa sia una decisione difendibile e ragionevole, ma è piuttosto improbabile che sia una decisione con straordinarie potenzialità di rendimento. Mi sembra verosimile che queste ultime siano associate all’avere una prospettiva ben distinta su un dato argomento, basata su ragionamenti complessi e su un contesto che sarebbe difficile da spiegare ad altri in modo esauriente. Per dirla in un altro modo, vedrei con più ottimismo un mondo di individui che si dedicano alle idee che li entusiasmano, in cui le idee migliori ricevono sempre più sostegno man mano che vengono processate e il loro valore dimostrato, rispetto a un mondo di individui che raggiungono preventivamente un consenso su quali idee perseguire.
Formalmente, al momento le raccomandazioni per le sovvenzioni richiedono un lasciapassare da parte di Cari Tuna e del sottoscritto prima di poter procedere. A titolo informale, il nostro obiettivo a lungo termine è quello di affidarci al personale con le conoscenze più approfondite su un dato caso, di modo che la strategia, le priorità e le sovvenzioni per una determinata causa siano largamente determinate dal singolo individuo che ha più informazioni su quella causa. Questo implica, per esempio, che aspiriamo a far sì che il nostro lavoro sulla riforma per la giustizia penale sia determinato da Chloe Cockburn e che il nostro lavoro sul benessere degli animali d’allevamento sia determinato da Lewis Bollard. Come già detto, ci aspettiamo che il nostro personale cerchi importanti contributi da altre persone, in particolar modo dagli esperti del settore, ma alla fine spetta a loro decidere come prendere in considerazione questo stimolo.
Raggiungere quell’obiettivo significa costruire e mantenere relazioni di fiducia con il personale, il che a sua volta significa porre loro molte domande, aspettarsi che spieghino gran parte del loro pensiero e risolvere i principali disaccordi. Ma non gli sarà mai richiesto di spiegare tutto il loro pensiero; piuttosto, cerchiamo di approfondire le argomentazioni che ci sembrano più questionabili o degne di nota. Col tempo, puntiamo a ridurre il nostro livello di coinvolgimento e controllo, man mano che la fiducia cresce.
Spero in futuro di poter scrivere più approfonditamente in merito a questo approccio di base.
Sostenere, quando possibile, una leadership forte e senza (o con minimi) legami vincolanti, invece che sostenere persone od organizzazioni non degne di nota, ma disposte a portare avanti i piani che ci interessano. Questo principio è un’estensione di quello precedente, e rientra in quello stesso approccio di base di cui vorrei scrivere più approfonditamente in futuro. È fortemente basato sul trasferire il potere decisionale alle persone con maggiore comprensione e più calate nel contesto.
Comprendere chi altro finanzia un determinato settore ed esitare a finanziare ciò che sembra adatto a loro. Questo è un aspetto di “Puntare a una comprensione approfondita [...]” che vale la pena di chiarire esplicitamente. Quando finanziamo qualcosa che è adatto, concettualmente, a un altro finanziatore, c’è una buona probabilità che stiamo:
agendo solo un po’ più rapidamente dell’altro finanziatore, avendo in questo modo un impatto relativamente piccolo; oppure
finanziando qualcosa dalla quale un altro finanziatore ha deciso di tirarsi indietro per buone ragioni.
Sembra quindi piuttosto importante avere una buona comprensione degli altri finanziatori di un dato settore e, idealmente, avere anche una buona relazione con loro.
Fare attenzione alle opportunità di donazione che sembra improbabile siano trascurate (basandosi sull’euristica). È in gran parte un’estensione del principio precedente. Quando un’idea sembra adattarsi abbastanza bene al senso comune o al consenso degli esperti, o si riferisce a un particolare interesse ben fornito di risorse, questo ci fa domandare perché non abbia già attratto il supporto di altri finanziatori e se rimarrà sotto-finanziata ancora a lungo.
Conclusioni. L’opportunità di donazione ideale, a mio avviso, è qualcosa del tipo: “Un membro fidato del personale, con una conoscenza approfondita sulla causa X, è molto entusiasta di sostenere — con pochi o nessun legame vincolate — il lavoro della persona Y, che ha una prospettiva insolita e un approccio che pochi altri apprezzano. Il membro del personale crede che questo approccio potrebbe avere un impatto enorme, anche se questo non sembrerebbe probabile. Quando ho sentito questa idea per la prima volta mi è sembrata sorprendente, e forse anche strana, controintuitiva e poco attraente, ma quando l’ho interrogato sui possibili modi in cui potrebbe fallire, sulle preoccupazioni e sulle apparenti lacune nelle argomentazioni a suo favore, mi è sembrato che si fosse già informato bene e che riflettesse sulle domande che gli ho posto”. Questa impostazione di base, a mio parere, massimizza le possibilità di sostenere un lavoro importante che altri non sosterrebbero e permette di avere una chance di cambiare le prospettive e di ottenere un grande successo.
Conciliare un approccio basato sui successi con l’essere trasparenti a riguardo del nostro lavoro
Uno dei nostri valori centrali è la trasparenza sul nostro lavoro. Alcune delle motivazioni sottostanti sono che:
vorremmo che gli altri potessero trarre vantaggio da ciò che abbiamo imparato, in modo da essere meglio informati;
vorremmo che gli altri fossero in grado di comprendere, interrogare e criticare il nostro pensiero;
vorremmo che ci fosse un dialogo pubblico più raffinato su come donare bene.
C’è qualche contrasto tra questi obiettivi e il fatto che, come già detto, ci aspettiamo di fare molte cose che sono difficili da giustificare in modo convincente al pubblico. Prevediamo che, frequentemente, le nostre relazioni non saranno esaustive o fortemente persuasive e che spesso faranno dubitare i lettori circa la sensatezza della nostra decisione.
Ad ogni modo, crediamo che sia possibile, entro certi limiti, raggiungere entrambi gli obiettivi — essere trasparenti e avere un approccio basato sui successi. Per ogni decisione, puntiamo a condividere il nostro pensiero, dimodoché i lettori possano comprendere:
i maggiori pro e contro che abbiamo individuato;
le premesse che sono alla base del nostro punto di vista;
il processo che abbiamo seguito;
ciò che i lettori possono fare per essere fortemente d’accordo o in disaccordo con il nostro pensiero, anche se non sono ancora giunti a un’opinione sulla base della sola relazione.
Un paio di esempi:
La nostra relazione sui rischi potenziali dell’intelligenza artificiale avanzata espone un argomento su cui abbiamo molto riflettuto, tanto che non possiamo documentare in modo esaustivo il nostro punto di vista. La sezione “background and process” cerca di dare un’idea di come siamo giunti ad assumere questo punto di vista e come ci si potrebbe informare ulteriormente per comprendere e valutare la nostra posizione.
Crediamo che questo tipo di trasparenza possa permetterci di raggiungere molti degli obiettivi menzionati, anche se spesso, considerata isolatamente, non è esauriente o convincente.
In generale, questa discussione potrebbe aiutare a chiarire perché il progetto di Open Philanthropy è indirizzato primariamente ai principali filantropi — persone che hanno il tempo di dedicarsi profondamente alla questione di dove donare — piuttosto che a donatori individuali. I donatori individuali hanno, ovviamente, la possibilità di fidarsi di noi e di sostenerci anche se le nostre opinioni sembrano insolite e difficili da giustificare. Ma per coloro che ancora non si fidano di noi, le nostre relazioni non forniranno sempre abbastanza motivazioni per crederci sulla parola (a differenza, a mio avviso, delle relazioni di GiveWell).
“Mentalità basata sui successi” vs. “arroganza”
Come precedentemente discusso, credo che le “donazioni basate sui successi” implichino spesso un’apparenza — e anche un rischio reale — di basarsi su opinioni presuntuose fondate su ricerche e riflessioni insufficienti. Userò il termine “arroganza” come semplificazione per queste ultime qualità.
Tuttavia, credo che esistano delle differenze importanti e oggettivabili tra le due cose. Penso che una “mentalità basata sui successi” possa essere una giustificazione ragionevole per alcuni comportamenti comunemente associati all’arroganza, ma non per altri. Per esempio, potrebbe giustificare il dedicare risorse sostanziali a un’idea controversa e non sostenuta da evidenze chiare o dal consenso degli esperti.
Alcune differenze specifiche tra arroganza e mentalità basata sui successi che a mio parere sono importanti:
Comunicare l’incertezza. Associo l’arroganza all’essere certi di avere ragione e alla comunicazione che ne consegue. Trovo arrogante quando le persone assumono che le loro cause o progetti preferiti siano chiaramente i migliori, specialmente quando insinuano che il lavoro fatto da altre persone per altre cause non sia importante. Una mentalità basata sui successi, al contrario, consiste nell’essere al tempo stesso entusiasti e incerti a riguardo di un’idea. Cerchiamo di comunicare chiaramente i nostri dubbi e insicurezze circa il nostro lavoro e di considerare che potremmo star sbagliando su molte cose, anche mentre investiamo risorse sulle nostre idee.
Sforzarci di essere ben informati. Associo l’arroganza al saltare a conclusioni basate su informazioni limitate. Credo che per seguire bene una “mentalità basata sui successi” sia necessario lavorare duramente per raggiungere una buona comprensione delle argomentazioni favorevoli e contrarie alle nostre idee. Puntiamo a considerare con serietà i dubbi e le obiezioni rivolte al nostro lavoro, anche quando non siamo in grado di dare sempre risposte convincenti per ogni pubblico.
Rispettare coloro con cui interagiamo evitando inganni, coercizioni, e altri comportamenti che violino l’etica del buon senso. A mio parere, l’arroganza fa più danni quando include il pensiero per cui “il fine giustifica i mezzi”. Credo che molti danni siano stati commessi da persone così convinte delle loro idee divergenti dall’essere disposte a violare l’etica del buon senso in loro nome (nei casi peggiori, utilizzando anche la violenza).
Come già detto, preferirei vivere in un un mondo di individui che si dedicano alle idee che li entusiasmano, in cui le idee migliori ricevono sempre più sostegno man mano che vengono processate e il loro valore dimostrato, che in un mondo di individui che raggiungono un consenso su quali idee perseguire. Questa è una giustificazione per un approccio basato sui successi. Ciò detto, preferirei anche vivere in un mondo in cui gli individui si dedicano alle loro idee mantenendo un buon comportamento di base e seguendo l’etica comune, piuttosto che in un mondo di individui che mentono, si forzano vicendevolmente o interferiscono attivamente l’un l’altro fino al punto che il coordinamento, la comunicazione e gli scambi vengono meno.
A questo proposito, credo che il nostro impegno nel comunicare in modo onesto sia importante. È coerente col fatto che non crediamo di avere tutte le risposte e che non siamo interessati a manipolare gli altri per favorire i nostri punti di vista; al contrario, vogliamo che gli altri siano liberi di decidere, nel merito, se aiutarci o meno a raggiungere il nostro obiettivo. Aspiriamo a perseguire idee audaci e al tempo stesso a tenere a mente quanto facilmente potremmo sbagliarci.
Potrebbe esserci un survivorship bias (“pregiudizio di sopravvivenza”) e c’è da chiedersi quanti progetti falliti ci siano per ognuno di quelli che hanno avuto successo. In ogni caso, faccio notare che gli esempi sopra esposti non provengono da un vasto campionario di possibilità (tutti i filantropi menzionati, prima delle loro donazioni, avrebbero probabilmente fatto una lista piuttosto breve dei filantropi più importanti interessati alle loro problematiche).
Dal mese di agosto 2017, non pubblichiamo più scritti a riguardo delle relazioni personali con organizzazioni partner. Questo articolo è stato aggiornato in modo da riflettere questo cambiamento nel nostro modo di agire.
Donare sulla base dei successi (Hits-based Giving)
This is an Italian translation of Hits-based Giving
Uno dei nostri valori fondamentali è la nostra tolleranza per il “rischio” filantropico. Il nostro obiettivo complessivo è quello di fare la maggiore quantità di bene possibile e per fare questo siamo disponibili a supportare del lavoro che ha un alto rischio di fallire nel raggiungere i suoi obiettivi. Siamo persino disponibili a sostenere un lavoro che ha più del 90% di probabilità di fallire, a patto che il suo valore atteso generale sia abbastanza elevato.
E pensiamo che, in realtà, gran parte della migliore filantropia probabilmente fallirà. Crediamo che la filantropia con alti rischi, ma anche elevati possibili benefici, sia descrivibile come “hits business” (“business dei successi”), nel quale una piccola parte di successi giganteschi contribuisce a un’ampia fetta dell’impatto totale — e compensa il gran numero di progetti falliti.
Se questo è vero, credo che dovrebbe spingerci a donare secondo alcuni princìpi controintuitivi — princìpi che sono molto diversi da quelli che sottostanno al nostro lavoro su GiveWell. In particolare, se si vuole avere un approccio “basato sui successi”, si dovrà ogni tanto scommettere su idee che sono in contraddizione col senso comune, con l’opinione di qualche esperto e che non hanno chiare prove a loro supporto. Nel sostenere questo tipo di lavoro, c’è il rischio che qualcuno ci reputi troppo sicuri di idee basate su ricerche e riflessioni insufficienti.
Infatti, c’è ragione di credere che parte della migliore filantropia probabilmente appaia sistematicamente in questo modo. Detto questo, pensiamo anche che essere davvero troppo sicuri di sé e poco informati possa essere estremamente dannoso nel nostro lavoro; essere ben informati e riflettere sui modi in cui potremmo sbagliarci è il nocciolo di quel che facciamo e noi crediamo fortemente che alcuni progetti di filantropia “ad alto rischio” siano molto più promettenti di altri.
In questo post si potrà trovare:
Un riassunto del perché pensiamo che un approccio “basato sui successi” sia appropriato.
Una lista di alcuni princìpi che pensiamo abbiano senso per gran parte del processo di scelta, ma — e forse è controintuitivo — non sono consoni alle donazioni basate sui successi.
Una lista di princìpi che riteniamo utili per essere sicuri di concentrarci sulle migliori opportunità ad alto rischio possibili.
Esiste un’analogia naturale con alcuni tipi di investimenti a scopo di lucro e c’è una certa sovrapposizione tra il nostro pensiero e le idee esposte da Paul Graham in un saggio del 2012, Black Swan Farming (allevare cigni neri).
L’argomentazione di base per la donazione basata sui successi
Concettualmente, noi ci concentriamo su come massimizzare il valore atteso del bene che facciamo. Spesso non è possibile giungere a una stima precisa o anche solo quantitativa del valore atteso, ma il concetto ci è utile per illustrare quello che stiamo cercando di fare. Ipoteticamente parlando, e semplificando non poco, noi considereremmo ugualmente promettenti le seguenti opportunità: (1) una sovvenzione da 1 milione di dollari che preverrebbe esattamente 500 morti premature; (2) una sovvenzione da 1 milione di dollari che ha il 90% di possibilità di non ottenere alcunché e il 10% di possibilità di prevenire 5000 morti premature. Entrambe hanno come valore atteso la prevenzione di 500 morti premature. Come dimostrato da questo esempio, una politica orientata al “valore atteso” implica che non abbiamo una preferenza di base per la filantropia a basso rischio o per la filantropia potenzialmente più impattante ad alto rischio. Possiamo optare per l’una o per l’altra, sulla base dei dettagli. Come nota a margine, la maggior parte degli altri finanziatori che abbiamo incontrato ha chiare opinioni a riguardo di cosa sia meglio tra assumersi un grosso rischio o finanziare ciò che è più affidabile e testato; potremmo avere un approccio insolitamente agnostico sulla questione.
Ciò detto, posso pensare ad alcune motivazioni fondamentali per credere che un approccio basato sul “valore atteso” possa spesso favorire donazioni ad alto rischio e potenzialmente in grado di portare a un’importante trasformazione.
1. Storia della filantropia. In precedenza abbiamo fornito un’ottima panoramica su alcuni dei più importanti successi rivendicati dalla filantropia. Da allora, abbiamo indagato ulteriormente questo argomento attraverso il nostro progetto di storia della filantropia e abbiamo in programma di pubblicare entro la fine del 2016 un riassunto aggiornato di quello che abbiamo imparato. Una delle nostre scoperte è che almeno qualche volta è accaduto che un filantropo si sia assunto un grosso rischio — finanziando qualcosa senza avere particolari ragioni per aspettarsi il successo — per poi ottenere un enorme impatto, potenzialmente sufficiente per compensare molti progetti falliti.
Ecco alcuni esempi particolarmente lampanti (fate conto che si concentrano sulla grandezza dell’impatto, piuttosto che sulla positività o meno del risultato):
La Rockefeller Foundation ha investito nella ricerca per il miglioramento della produttività agricola nei paesi in via di sviluppo, e questo è oggi comunemente ritenuto come il catalizzatore della “Rivoluzione Verde”, che secondo Wikipedia è “responsabile di aver salvato più di un miliardo di persone dalla fame” (l’articolo su Wikipedia discute del ruolo della Rockefeller Foundation, così come anche questo post sul HistPhil blog, supportato dal progetto di Open Philanthropy).
Nel libro The Birth of the Pill (“La nascita della pillola”), Jonathan Eig dà alla filantropa e femminista Katharine McCormick — grazie anche ai consigli di Margaret Sanger — il merito di essere la sola finanziatrice del primo, cruciale stadio della ricerca che ha portato allo sviluppo della pillola anticoncezionale combinata, che è attualmente uno dei metodi contraccettivi più utilizzati ed economici.
Nel libro The Rise of the Conservative Legal Movement (“L’ascesa del movimento legale conservatore”), il professor Steve Teles sostiene che i conservatori abbiano finanziato molti obiettivi a lungo termine e ad alto rischio, senza essere in qualche modo in grado di predire il loro successo. Aggiunge anche che il loro impatto finale ha portato a cambiare profondamente il modo in cui la professione legale opera e la statura intellettuale generale del conservatorismo politico.
Se fossero considerate accurate, queste storie implicherebbero che la filantropia — e, nello specifico, la filantropia che supporta i primi stadi delle ricerche e i progetti ad alto rischio — abbia svolto un ruolo fondamentale per alcuni dei più importanti progressi dell’ultimo secolo.[1] Un “fascicolo” filantropico che contenesse uno di questi progetti, assieme a un gran numero di progetti simili che sono falliti, probabilmente avrebbe comunque una performance generale molto buona, in termini di impatto ottenuto per dollaro speso.
2. Vantaggio comparativo. Quando cerchiamo di capire come donare nel migliore dei modi possibili, una tattica da considerare è: “cos’è che i filantropi sono più adatti (o meno adatti) a fare, strutturalmente parlando, rispetto ad altre istituzioni?”. Persino i filantropi più prominenti hanno in genere meno fondi disponibili rispetto ai governi e agli investitori a scopo di lucro, ma i filantropi hanno molte meno limitazioni dettate dal bisogno di fare profitto o di giustificare il loro lavoro di fronte a un ampio pubblico. Possono sostenere un lavoro anche ai “primissimi” stadi, come per esempio idee nuove e non verificate, o progetti che necessitano verosimilmente di molti decenni per ottenere un impatto. Possono sostenere anche lavori che falliscono al fine di trovare quelli che hanno successo. Possono supportare lavori che, per essere riconosciuti come importanti, richiedono una vasta conoscenza e che sarebbero difficili da giustificare di fronte a un ampio pubblico. Tutto questo suggerisce che, quando i filantropi finanziano progetti a bassa probabilità di successo e con possibilità di rendimento elevato, stanno facendo quello che sanno fare meglio, se comparati ad altre istituzioni.
3. Analogia con gli investimenti a scopo di lucro. Molte forme di investimento a scopo di lucro, come per esempio la venture capital investing, sono business “basati sui successi” (più informazioni a riguardo nell’articolo che ho citato in precedenza). La filantropia sembra avere degli importanti punti in comune con l’investimento a scopo di lucro: nello specifico, sta tutto nel capire come allocare una data quantità di risorse tra progetti che hanno una grande varietà di possibili risultati. E molte delle differenze tra l’investimento a scopo di lucro e la filantropia (come già discusso) sembrano implicare che un approccio “basato sui successi” è probabilmente più adatto alle donazioni che agli investimenti.
“Anti-princìpi” per le donazioni “basate sui successi”
In questa sezione discuteremo dei princìpi che pensiamo siano validi per gran parte dei processi decisionali, ma non sono adatti alle donazioni basate sui successi. Per essere chiari, questi princìpi saranno esposti come: “Rifiutiamo X”, dove X è il principio che a nostro parere si adatta male a questo approccio.
Un tema ricorrente nei punti che esporremo è che un principio, per essere adatto, dev’essere compatibile con le migliori opportunità immaginabili di donazione — ovvero quelle che assomigliano ai casi elencati nella sezione precedente, come quello della Rivoluzione Verde. Qualsiasi principio che scoraggi sistematicamente le donazioni verso i più grandi successi immaginabili è probabilmente inadatto a un sistema basato sui successi, anche se in altri contesti può essere un buon principio.
Rifiutiamo: Le prove convincenti non sono facili da ottenere e di solito richiedono uno sforzo sostenuto e ben finanziato. Richiedere prove convincenti sarebbe quindi in contrasto con il nostro interesse negli argomenti più trascurati. Significherebbe che ci troveremmo generalmente a sostenere idee che altri hanno già largamente esplorato e finanziato — e questo diminuirebbe la probabilità di ottenere un impatto di grosse dimensioni tramite la nostra partecipazione. E alcune attività, come finanziare la ricerca scientifica o i lavori che puntano a influenzare la politica, sono intrinsecamente difficili da “verificare” in modo consistente in termini di predittività. Nella mia opinione, la maggior parte dei “successi” filantropici del passato non era supportata da evidenze, nel senso che non possedeva chiare prove predittive di successo, anche se probabilmente le evidenze sono rientrate in modi più indiretti.
Rifiutiamo: A mio avviso, delle forti evidenze sono generalmente necessarie per giustificare un’alta probabilità di avere un impatto positivo ragionevolmente importante. Così come nel venture capital, dobbiamo essere disposti a sostenere molti progetti fallimentari per ogni successo — e i successi devono essere abbastanza importanti da giustificare tutto questo.
Rifiutiamo: Un altro punto simile al precedente: seguire l’opinione di un esperto e il senso comune probabilmente contrasta con il nostro obiettivo di cercare le cause più trascurate. Se finanziassimo un lavoro preliminare volto a cambiare l’opinione degli esperti e/o il senso comune su un argomento importante, questo potrebbe essere un buon candidato per ottenere un successo importante. Pensiamo che sarebbe un cattivo segno se nemmeno un esperto (inteso genericamente come “persona che ha molta esperienza a proposito di un dato problema”) fosse d’accordo con la nostra prospettiva su un argomento, ma quando c’è discordanza tra i vari esperti dobbiamo essere disposti a schierarci con alcuni in particolare. Nella mia opinione, questo è spesso fattibile in modo produttivo imparando abbastanza a riguardo dei punti chiave da poter determinare quali argomentazioni sono più in linea con i nostri valori ed epistemologia di base.
Rifiutiamo: A parità di tutto il resto, preferiremmo non finire in queste situazioni, ma compiere grossi sforzi per evitarle pare incompatibile con un approccio basato sui successi. Siamo solidali alle argomentazioni del tipo: “dovresti essere meno sicuro delle tue posizioni quando persone intelligenti e con buone intenzioni hanno opinioni opposte” o “è un peccato quando due gruppi di persone spendono risorse nell’opporsi gli uni agli altri, senza ottenere così alcun risultato globale, quando invece potrebbero investire tutte le loro risorse in qualcosa su cui sono d’accordo, come per esempio aiutare direttamente i bisognosi”. Crediamo che queste argomentazioni diano qualche motivo per preferire gli enti di beneficenza suggeriti da GiveWell. Ma pensiamo anche che vadano tralasciate quando puntiamo a obiettivi basati sul successo.
Pensiamo che molti grandi successi coinvolgeranno l’ottenimento di un moltiplicatore sul nostro impatto tramite la modifica di norme sociali o delle opinioni di coloro che prendono le decisioni chiave. E il nostro interesse per i problemi trascurati ci porterà spesso a occuparci di situazioni in cui le norme sociali, o gruppi ben strutturati, ci sono fortemente contrari. Nessuno dei grandi successi sopra nominati è avvenuto senza controversie. La pillola anticoncezionale combinata, per esempio, era fortemente controversa a suo tempo (portando, secondo me, i governi o altri finanziatori a trascurare la ricerca necessaria), mentre ora in genere è decisamente più accettata; questo, per me, è una parte fondamentale del perché è stato un progresso così epocale.
Rifiutiamo: Spiegare le nostre opinioni per iscritto è fondamentale per il progetto di Open Philantropy, ma dobbiamo stare attenti che questo non ci porti a distorcere il nostro processo decisionale. Temo che, quando consideriamo una sovvenzione, il nostro personale tenda a pensare preventivamente a come giustificherà questo finanziamento al nostro pubblico e che si tiri indietro se sembra un compito troppo difficile — in particolare, quando il caso sembra troppo complesso e si basa su informazioni variegate e difficili da riassumere. Questo è un errore che non vorremmo commettere. Se ci concentreremo sui problemi che sono facili da spiegare anche a estranei con scarsa conoscenza di base, ci dedicheremmo ad argomenti che probabilmente sono già largamente trattati e avremmo più difficoltà a occuparci dei campi più trascurati.
Un buon esempio è il nostro lavoro su una politica per la stabilizzazione macroeconomica: la problematica in questione è molto complessa e le nostre opinioni sono basate su anni di discussioni e interazioni con importanti esperti del settore e sulla vasta documentazione pubblica. A mio parere è una causa così attraente per noi in parte proprio per la difficoltà nel comprendere e nel riassumere il problema: la politica per la stabilizzazione macroeconomica è estremamente importante, ma anche piuttosto esoterica, e penso che ciò spieghi perché alcuni approcci alla questione sono ancora trascurati (in particolar modo, quelli che si focalizzano sull’ambiente politico invece che sulla ricerca economica).
Ai fini di ottimizzare il processo, abbiamo cercato di separare il processo decisionale da quello della scrittura della relazione pubblica. Tipicamente, gli operatori raccomandano le sovvenzioni sulla base di relazioni scritte interne. Andando avanti nel nostro procedimento, dopo che coloro che fanno le decisioni hanno approvato le idee di base sottostanti a una sovvenzione, altro personale interviene e “traduce” le relazioni scritte interne in relazioni che siano adatte alla pubblicazione. Uno dei motivi per i quali ero impaziente di organizzare il nostro procedimento in questa maniera è che credo che permetta alle persone di concentrarsi sul dare le migliori sovvenzioni possibili, senza doversi preoccupare di come queste sovvenzioni saranno spiegate al pubblico.
Un nostro valore fondamentale è essere trasparenti a riguardo di ciò che facciamo. Ma “trasparente” non significa “documentare ogni cosa in modo esauriente”, o “argomentare ogni cosa in modo convincente”. Ne parleremo ancora più avanti.
Rifiutiamo: Ci saranno occasioni in cui avremo un’opinione su un dato argomento molto diversa dalla maggior parte delle persone del mondo e in cui le persone che, secondo noi, potrebbero essere più utili per tale questione non saranno le stesse con idee simili alle nostre (e non a caso). Questo potrebbe metterci in pericolo di entrare in una “bolla” intellettuale o in una “camera dell’eco”: un insieme di persone intellettualmente isolate che rinforzano vicendevolmente le proprie idee, senza apportare alcuna necessaria prospettiva alternativa o contro-argomentazione.[2]
In alcuni casi, questo rischio può essere aggravato dalle connessioni sociali. Quando reclutiamo specialisti in cause specifiche, cerchiamo esplicitamente persone con esperienze importanti e connessioni rilevanti in un dato settore. A volte, questo significa che i nostri responsabili di programma sono amici di molte delle persone più adatte a diventare nostri consulenti e beneficiari di sovvenzioni.
Altri collaboratori, me incluso, si specializzano nello scegliere tra le cause, piuttosto che concentrarsi su una causa specifica. La missione dello “scegliere tra le cause per fare la maggior quantità di bene possibile” è a sua volta uno spazio intellettuale circondato da una comunità. In particolar modo, molti del nostro staff — incluso il sottoscritto — sono parte della comunità di altruismo efficace e hanno molti legami sociali in quella comunità.
Ne risulta che, a volte, è difficile isolare la richiesta di una sovvenzione dalle relazioni sociali che la circondano. Quando ciò avviene, c’è un rischio decisamente maggiore di non essere oggettivi e di non soppesare le argomentazioni e le evidenze disponibili in modo razionale. Se il nostro obiettivo fosse quello di individuare le opportunità di donazione maggiormente supportate dall’evidenza, questo sarebbe un problema importante. Ma gli svantaggi nel caso di un approccio “basato sui successi” sono meno chiari e i danni causati dall’evitare eccessivamente queste situazioni sarebbero, per come la vedo io, inaccettabili.
Per fare un esempio basato sulla mia esperienza:
Il mio profondo interesse per l’altruismo efficace e per le donazioni basate sull’impatto mi hanno portato a diventare amico di persone con interessi analoghi — e anche a condividere la stessa casa.
Passo molto tempo con persone che ho scoperto condividere fortemente i miei valori ed epistemologia di base e che sono più interessanti e preziosi come colleghi intellettuali.
Se avessi deciso, come regola, di chiedere ai miei amici di evitare di darmi consigli o di cercare il mio aiuto per il progetto di Open Philanthropy, questo mi impedirebbe di ricevere contributi da alcune delle persone di cui maggiormente apprezzo le opinioni.
Utilizzando un approccio “basato sui successi”, possiamo attenderci che solo pochi progetti migliori portino a gran parte (o alla maggior parte) dell’impatto complessivo. Escludere le idee di alcune delle persone che maggiormente condividono i nostri valori potrebbe quindi drammaticamente ridurre il valore atteso del nostro operato.
Questo problema è anche più rilevante per altri nostri collaboratori, dato che i responsabili delle indiagini sulle opportunità di finanziamento in una determinata area sono in genere coloro che hanno le maggiori connessioni sociali nelle comunità interessate.
Per fare chiarezza, non credo che dovremmo ignorare i rischi di queste “bolle intellettuali” o dei conflitti d’interesse. Per mitigare questi rischi, cerchiamo di:
essere sempre trasparenti sulle connessioni rilevanti con chi prende le decisioni;
sforzarci sempre attivamente di cercare prospettive alternative prima di prendere decisioni, prendendo anche in considerazione le migliori contro-argomentazioni che riusciamo a individuare;
far sì che i membri chiave del nostro personale comprendano autonomamente i problemi più importanti, piuttosto che essere dipendenti dal giudizio di amici e consulenti, nella misura in cui questo resta utile;
chiederci sempre come le nostre relazioni sociali possano distorcere la nostra percezione di una situazione;
assicurarci di cercare il contributo di personale che non ha conflitti d’interesse rilevanti o interazioni sociali che possano interferire.
Anche dopo aver fatto tutto questo, tuttavia, ci saranno sempre situazioni in cui una sovvenzione che vorremmo raccomandare è fortemente sostenuta da molti dei nostri amici, ma suscita poco interesse da parte di coloro che sono estranei ai nostri circoli sociali e intellettuali. Penso che, se evitassimo di raccomandare queste sovvenzioni, perderemmo alcune delle nostre migliori possibilità di avere un grande impatto — e questo è un costo inaccettabile per un approccio “basato sui successi”.
Rifiutiamo: Quando mi immagino il successo filantropico ideale, ciò che visualizzo è il sostegno dato a qualche idea estremamente importante di cui, a differenza della maggior parte del resto del mondo, vediamo il potenziale. A quel punto dovremmo sostenere quell’idea più di quanto potrebbe fare ogni altro principale finanziatore, per poi infine ottenere un grande successo e far cambiare opinione alla gente.
In queste situazioni, mi aspetto che l’idea inizialmente sia guardata con scetticismo, o magari persino con forte ostilità, dalla maggior parte delle persone che vi ci sono imbattute. Immagino che non avrebbe solide, chiare evidenze a sostenerla (o che, se anche le avesse, queste sarebbero estremamente difficili da spiegare e riassumere) e che, pertanto, scommettere su di essa sarebbe una mossa con scarse probabilità di successo. Tenendo conto di tutto questo, mi aspetto che coloro che osservano il nostro lavoro dall’esterno credano spesso che stiamo prendendo una decisione poco saggia, basata principalmente sulle speculazioni, con evidenze deboli e ottenuta in bolle intellettuali che si auto-alimentano. Immagino, quindi, che molti ci vedrebbero come avventati e poco informati. E infatti, per la natura stessa del sostenere idee impopolari, saremmo davvero a rischio di tutto questo, a prescindere da quanto ci impegniamo (e dovremmo impegnarci molto) per cercare e considerare prospettive alternative.
Penso che un approccio “basato sui successi” implichi l’essere pronti ad andare avanti in queste situazioni e accettare i rischi che esse comportano. Ma, come vedremo in seguito, penso che ci siano modi migliori e peggiori di fare ciò e importanti differenze tra assumere questo tipo di rischio o semplicemente perseguire fantasie fine a sé stesse.
Princìpi operativi per fare donare al meglio con un orientamento “basato sui successi”
Nella sezione precedente ci siamo opposti a molti dei princìpi che sono importanti in altri contesti e che forse i fan di GiveWell si aspettavano che noi seguissimo. È ragionevole chiedersi: se uno è disposto a dare suggerimenti che non sono basati su evidenze, opinioni di esperti o senso comune — c’è qualche principio per distinguere buoni e cattivi modi di donare? O dovremmo semplicemente finanziare ciò che intuitivamente suscita il nostro entusiasmo?
Penso che sia difficile determinare quale tipo di comportamento può portare a grandi successi con più probabilità, dato che per loro natura i “grandi successi” sono rari e verosimilmente difficili da predire. Non conosco così approfonditamente i filantropi che hanno contribuito ai grandi successi del passato da poter dire un granché con sicurezza. Ma posso schematizzare alcuni principi che utilizziamo per cercare di donare al meglio con un orientamento “basato sui successi”.
Considerare l’importanza, la trascuratezza e la risolvibilità. Questi sono i criteri chiave del progetto di Open Philanthropy. Penso che, a parità di condizioni, ciascuno di essi renda i grandi successi più probabili e, considerati singolarmente, siano spesso piuttosto semplici da stimare. Gran parte del resto di questa sezione si occuperà di come stimare questi criteri in situazioni complicate (per esempio, quando non c’è consenso tra gli esperti o quando mancano prove chiare).
Considerare i migliori e i peggiori scenari possibili. In teoria, dovremmo assegnare una probabilità a ciascuno dei possibili risultati e concentrarci sul valore atteso complessivo. In pratica, questo si può approssimare valutando quanto impatto un progetto avrebbe se riuscisse a raggiungere tutti i suoi obiettivi a lungo termine (miglior scenario possibile) e quanto danno potrebbe fare se finisse fuorviato (peggior scenario possibile). Quest’ultimo scenario ci dà qualche misura di quanto si debba essere cauti nell’affrontare un progetto e di quanto ci si debba sforzare di esplorare le possibili contro-argomentazioni prima di procedere. Il primo scenario invece serve come misura dell’importanza e, finora, abbiamo largamente utilizzato questo metodo per stimarla. Per esempio, si vedano i fogli di calcolo qui e, in particolare, le nostre stime del valore di importanti cambiamenti di politiche su diverse tematiche.
Spesso gli obiettivi sono più facilmente raggiungibili di quel che sembra inizialmente (qualche esempio qui), quindi, a mio parere, vale spesso la pena di puntare a un obiettivo importante, anche se sembra quasi impossibile. Considerando che i grandi successi sono rari, è molto importante scegliere se puntare a obiettivi ragionevolmente importanti o a obiettivi con il massimo impatto. Nonostante l’incertezza intrinseca in questo modo di donare, credo che la domanda “quanto bene si potrebbe ottenere nel migliore scenario possibile?” avrà risposte molto diverse per ciascuna opportunità di donazione.
Puntare a una comprensione approfondita dei problemi chiave, della letteratura, delle organizzazioni e delle persone collegate a una causa, dedicandoci una grossa mole di lavoro oppure formando una relazione di fiducia con qualcun altro che possa farlo. Sostenendo progetti che sembrano — sulla base di una comprensione superficiale — entusiasmanti e ad alto impatto, rischiamo fortemente che le nostre donazioni siano ridondanti con quelle di altri finanziatori. Sostenendo invece progetti che sembrano superficialmente entusiasmanti e ad alto impatto, ma non sono sostenuti da altri, allora rischiamo di essere sistematicamente predisposti a sostenere progetti che gli altri hanno scelto di non supportare per buone ragioni. Di contro, noi generalmente puntiamo a sostenere progetti che si basano sull’entusiasmo di persone fidate che siano tra le più informate al mondo, con buone connessioni e considerevolmente razionali.
Questo è difficile da ottenere. Significa trovare persone che sono (o possono essere) estremamente informate su problematiche che non avremo mai il tempo di comprendere pienamente e trovare modi di stringere con loro relazioni di grande fiducia. Così come per molti altri filantropi, la nostra procedura di base in merito è scegliere aree su cui concentrarci e assumere personale collegato a tali aree. In certi casi, piuttosto che assumere qualcuno che si specializzi in una specifica causa, cerchiamo di assicurarci di avere un generalista che dedichi molto tempo e attenzione in una determinata area. Ad ogni modo, il nostro personale punta a inserirsi bene nella rete di connessioni e a formare le proprie relazioni di fiducia con le persone meglio informate del settore d’interesse.
Penso che la ricompensa per tutto questo lavoro sia l’abilità di identificare aree che, per essere davvero entusiasmanti e apprezzate, richiedono ragionamenti e conoscenze sopra la media. Secondo me, questo è potenzialmente un buon metodo per essere predisposti a sostenere buone idee anche prima che queste siano largamente riconosciute come buone e per ottenere, quindi, grandi successi.
Minimizzare il numero di persone che elaborano strategie e prendono decisioni. Quando si prende una decisione come compromesso tra molte persone con prospettive molto differenti, è molto probabile che questa sia una decisione difendibile e ragionevole, ma è piuttosto improbabile che sia una decisione con straordinarie potenzialità di rendimento. Mi sembra verosimile che queste ultime siano associate all’avere una prospettiva ben distinta su un dato argomento, basata su ragionamenti complessi e su un contesto che sarebbe difficile da spiegare ad altri in modo esauriente. Per dirla in un altro modo, vedrei con più ottimismo un mondo di individui che si dedicano alle idee che li entusiasmano, in cui le idee migliori ricevono sempre più sostegno man mano che vengono processate e il loro valore dimostrato, rispetto a un mondo di individui che raggiungono preventivamente un consenso su quali idee perseguire.
Formalmente, al momento le raccomandazioni per le sovvenzioni richiedono un lasciapassare da parte di Cari Tuna e del sottoscritto prima di poter procedere. A titolo informale, il nostro obiettivo a lungo termine è quello di affidarci al personale con le conoscenze più approfondite su un dato caso, di modo che la strategia, le priorità e le sovvenzioni per una determinata causa siano largamente determinate dal singolo individuo che ha più informazioni su quella causa. Questo implica, per esempio, che aspiriamo a far sì che il nostro lavoro sulla riforma per la giustizia penale sia determinato da Chloe Cockburn e che il nostro lavoro sul benessere degli animali d’allevamento sia determinato da Lewis Bollard. Come già detto, ci aspettiamo che il nostro personale cerchi importanti contributi da altre persone, in particolar modo dagli esperti del settore, ma alla fine spetta a loro decidere come prendere in considerazione questo stimolo.
Raggiungere quell’obiettivo significa costruire e mantenere relazioni di fiducia con il personale, il che a sua volta significa porre loro molte domande, aspettarsi che spieghino gran parte del loro pensiero e risolvere i principali disaccordi. Ma non gli sarà mai richiesto di spiegare tutto il loro pensiero; piuttosto, cerchiamo di approfondire le argomentazioni che ci sembrano più questionabili o degne di nota. Col tempo, puntiamo a ridurre il nostro livello di coinvolgimento e controllo, man mano che la fiducia cresce.
Spero in futuro di poter scrivere più approfonditamente in merito a questo approccio di base.
Sostenere, quando possibile, una leadership forte e senza (o con minimi) legami vincolanti, invece che sostenere persone od organizzazioni non degne di nota, ma disposte a portare avanti i piani che ci interessano. Questo principio è un’estensione di quello precedente, e rientra in quello stesso approccio di base di cui vorrei scrivere più approfonditamente in futuro. È fortemente basato sul trasferire il potere decisionale alle persone con maggiore comprensione e più calate nel contesto.
Comprendere chi altro finanzia un determinato settore ed esitare a finanziare ciò che sembra adatto a loro. Questo è un aspetto di “Puntare a una comprensione approfondita [...]” che vale la pena di chiarire esplicitamente. Quando finanziamo qualcosa che è adatto, concettualmente, a un altro finanziatore, c’è una buona probabilità che stiamo:
agendo solo un po’ più rapidamente dell’altro finanziatore, avendo in questo modo un impatto relativamente piccolo; oppure
finanziando qualcosa dalla quale un altro finanziatore ha deciso di tirarsi indietro per buone ragioni.
Sembra quindi piuttosto importante avere una buona comprensione degli altri finanziatori di un dato settore e, idealmente, avere anche una buona relazione con loro.
Fare attenzione alle opportunità di donazione che sembra improbabile siano trascurate (basandosi sull’euristica). È in gran parte un’estensione del principio precedente. Quando un’idea sembra adattarsi abbastanza bene al senso comune o al consenso degli esperti, o si riferisce a un particolare interesse ben fornito di risorse, questo ci fa domandare perché non abbia già attratto il supporto di altri finanziatori e se rimarrà sotto-finanziata ancora a lungo.
Conclusioni. L’opportunità di donazione ideale, a mio avviso, è qualcosa del tipo: “Un membro fidato del personale, con una conoscenza approfondita sulla causa X, è molto entusiasta di sostenere — con pochi o nessun legame vincolate — il lavoro della persona Y, che ha una prospettiva insolita e un approccio che pochi altri apprezzano. Il membro del personale crede che questo approccio potrebbe avere un impatto enorme, anche se questo non sembrerebbe probabile. Quando ho sentito questa idea per la prima volta mi è sembrata sorprendente, e forse anche strana, controintuitiva e poco attraente, ma quando l’ho interrogato sui possibili modi in cui potrebbe fallire, sulle preoccupazioni e sulle apparenti lacune nelle argomentazioni a suo favore, mi è sembrato che si fosse già informato bene e che riflettesse sulle domande che gli ho posto”. Questa impostazione di base, a mio parere, massimizza le possibilità di sostenere un lavoro importante che altri non sosterrebbero e permette di avere una chance di cambiare le prospettive e di ottenere un grande successo.
Conciliare un approccio basato sui successi con l’essere trasparenti a riguardo del nostro lavoro
Uno dei nostri valori centrali è la trasparenza sul nostro lavoro. Alcune delle motivazioni sottostanti sono che:
vorremmo che gli altri potessero trarre vantaggio da ciò che abbiamo imparato, in modo da essere meglio informati;
vorremmo che gli altri fossero in grado di comprendere, interrogare e criticare il nostro pensiero;
vorremmo che ci fosse un dialogo pubblico più raffinato su come donare bene.
C’è qualche contrasto tra questi obiettivi e il fatto che, come già detto, ci aspettiamo di fare molte cose che sono difficili da giustificare in modo convincente al pubblico. Prevediamo che, frequentemente, le nostre relazioni non saranno esaustive o fortemente persuasive e che spesso faranno dubitare i lettori circa la sensatezza della nostra decisione.
Ad ogni modo, crediamo che sia possibile, entro certi limiti, raggiungere entrambi gli obiettivi — essere trasparenti e avere un approccio basato sui successi. Per ogni decisione, puntiamo a condividere il nostro pensiero, dimodoché i lettori possano comprendere:
i maggiori pro e contro che abbiamo individuato;
le premesse che sono alla base del nostro punto di vista;
il processo che abbiamo seguito;
ciò che i lettori possono fare per essere fortemente d’accordo o in disaccordo con il nostro pensiero, anche se non sono ancora giunti a un’opinione sulla base della sola relazione.
Un paio di esempi:
La nostra relazione sui rischi potenziali dell’intelligenza artificiale avanzata espone un argomento su cui abbiamo molto riflettuto, tanto che non possiamo documentare in modo esaustivo il nostro punto di vista. La sezione “background and process” cerca di dare un’idea di come siamo giunti ad assumere questo punto di vista e come ci si potrebbe informare ulteriormente per comprendere e valutare la nostra posizione.
Il nostro lavoro sulla riforma della giustizia penale si basa sulle opinioni elaborate da Chloe, fondate su anni di conversazioni (molte delle quali non sarebbe utile riassumere e condividere), relazioni sociali e letture rilevanti di materiale del settore. Piuttosto che cercare di documentare tutte queste risorse, siamo stati trasparenti sul ruolo che Chloe ha assunto e perché abbiamo scelto lei per questa parte.
Crediamo che questo tipo di trasparenza possa permetterci di raggiungere molti degli obiettivi menzionati, anche se spesso, considerata isolatamente, non è esauriente o convincente.
In generale, questa discussione potrebbe aiutare a chiarire perché il progetto di Open Philanthropy è indirizzato primariamente ai principali filantropi — persone che hanno il tempo di dedicarsi profondamente alla questione di dove donare — piuttosto che a donatori individuali. I donatori individuali hanno, ovviamente, la possibilità di fidarsi di noi e di sostenerci anche se le nostre opinioni sembrano insolite e difficili da giustificare. Ma per coloro che ancora non si fidano di noi, le nostre relazioni non forniranno sempre abbastanza motivazioni per crederci sulla parola (a differenza, a mio avviso, delle relazioni di GiveWell).
“Mentalità basata sui successi” vs. “arroganza”
Come precedentemente discusso, credo che le “donazioni basate sui successi” implichino spesso un’apparenza — e anche un rischio reale — di basarsi su opinioni presuntuose fondate su ricerche e riflessioni insufficienti. Userò il termine “arroganza” come semplificazione per queste ultime qualità.
Tuttavia, credo che esistano delle differenze importanti e oggettivabili tra le due cose. Penso che una “mentalità basata sui successi” possa essere una giustificazione ragionevole per alcuni comportamenti comunemente associati all’arroganza, ma non per altri. Per esempio, potrebbe giustificare il dedicare risorse sostanziali a un’idea controversa e non sostenuta da evidenze chiare o dal consenso degli esperti.
Alcune differenze specifiche tra arroganza e mentalità basata sui successi che a mio parere sono importanti:
Comunicare l’incertezza. Associo l’arroganza all’essere certi di avere ragione e alla comunicazione che ne consegue. Trovo arrogante quando le persone assumono che le loro cause o progetti preferiti siano chiaramente i migliori, specialmente quando insinuano che il lavoro fatto da altre persone per altre cause non sia importante. Una mentalità basata sui successi, al contrario, consiste nell’essere al tempo stesso entusiasti e incerti a riguardo di un’idea. Cerchiamo di comunicare chiaramente i nostri dubbi e insicurezze circa il nostro lavoro e di considerare che potremmo star sbagliando su molte cose, anche mentre investiamo risorse sulle nostre idee.
Sforzarci di essere ben informati. Associo l’arroganza al saltare a conclusioni basate su informazioni limitate. Credo che per seguire bene una “mentalità basata sui successi” sia necessario lavorare duramente per raggiungere una buona comprensione delle argomentazioni favorevoli e contrarie alle nostre idee. Puntiamo a considerare con serietà i dubbi e le obiezioni rivolte al nostro lavoro, anche quando non siamo in grado di dare sempre risposte convincenti per ogni pubblico.
Rispettare coloro con cui interagiamo evitando inganni, coercizioni, e altri comportamenti che violino l’etica del buon senso. A mio parere, l’arroganza fa più danni quando include il pensiero per cui “il fine giustifica i mezzi”. Credo che molti danni siano stati commessi da persone così convinte delle loro idee divergenti dall’essere disposte a violare l’etica del buon senso in loro nome (nei casi peggiori, utilizzando anche la violenza).
Come già detto, preferirei vivere in un un mondo di individui che si dedicano alle idee che li entusiasmano, in cui le idee migliori ricevono sempre più sostegno man mano che vengono processate e il loro valore dimostrato, che in un mondo di individui che raggiungono un consenso su quali idee perseguire. Questa è una giustificazione per un approccio basato sui successi. Ciò detto, preferirei anche vivere in un mondo in cui gli individui si dedicano alle loro idee mantenendo un buon comportamento di base e seguendo l’etica comune, piuttosto che in un mondo di individui che mentono, si forzano vicendevolmente o interferiscono attivamente l’un l’altro fino al punto che il coordinamento, la comunicazione e gli scambi vengono meno.
A questo proposito, credo che il nostro impegno nel comunicare in modo onesto sia importante. È coerente col fatto che non crediamo di avere tutte le risposte e che non siamo interessati a manipolare gli altri per favorire i nostri punti di vista; al contrario, vogliamo che gli altri siano liberi di decidere, nel merito, se aiutarci o meno a raggiungere il nostro obiettivo. Aspiriamo a perseguire idee audaci e al tempo stesso a tenere a mente quanto facilmente potremmo sbagliarci.
Potrebbe esserci un survivorship bias (“pregiudizio di sopravvivenza”) e c’è da chiedersi quanti progetti falliti ci siano per ognuno di quelli che hanno avuto successo. In ogni caso, faccio notare che gli esempi sopra esposti non provengono da un vasto campionario di possibilità (tutti i filantropi menzionati, prima delle loro donazioni, avrebbero probabilmente fatto una lista piuttosto breve dei filantropi più importanti interessati alle loro problematiche).
Dal mese di agosto 2017, non pubblichiamo più scritti a riguardo delle relazioni personali con organizzazioni partner. Questo articolo è stato aggiornato in modo da riflettere questo cambiamento nel nostro modo di agire.